Da quando vaste porzioni del Nord Africa sono assimilabili a una pianura di Venere e il Sud della Scandinavia è pronto a ospitare viti di nero d’Avola, le dure terre dell’Alto Piemonte si ritrovano in una condizione climatica molto più favorevole rispetto a qualche decennio fa. Un tempo qui le uve maturavano un’annata su quattro, forse. Oggi in molte aree di questo territorio si raggiunge un bell’equilibrio tra maturazione zuccherina e sapidità minerale. Non rinunciando alla loro tradizionale austerità di carattere, i rossi trovano dunque accenti più immediatamente comunicativi. Non occorre attendere un Gattinara trentaquattro anni, o scaraffare un Ghemme dieci ore prima di berlo. Proprio tra Gattinara e Ghemme si divide l’attività vitivinicola di Marco Arlunno e Carlo Cambieri, che nel 2007 hanno fondato l’azienda Il Chiosso, dal termine locale che sta più o meno per il francese clos, cioè vigna circondata da muretti.
Le uve vengono all’80% da vigne di proprietà, per il resto da tre piccoli vignaioli di fiducia (e ci mancherebbe che non lo fossero). Il Gattinara è fedele interprete del genius loci: di colore mediamente intenso, percorso da riflessi granato, sviluppa un ventaglio di profumi complesso, in cui la colonna portante aromatica, di timbro classicamente ferroso, minerale, “scuro”, è avvolta in sfumature di erbe officinali (non sono piante che trovate in un’officina, officinale sta per medicinale; nel caso specifico, rabarbaro, genziana, china) e soprattutto agrumate (arancia amara, bergamotto). Al palato si muove in perfetta coerenza, tra sapidità e toni delicatamente amari. I tannini sono di grana fine, l’alcol misurato, mai bruciante, il finale composto, lineare, armonioso. Un vero Gattinara, di quelli che avrebbero riscosso immediatamente l’approvazione del conterraneo Mario Soldati (cfr le abbondanti citazioni in proposito nella scheda dedicata al Gattinara di Mauro Franchino).
Un vero Gattinara, di quelli che avrebbero riscosso immediatamente l’approvazione del conterraneo Mario Soldati