Esistono in Italia cantine di lunga tradizione che non hanno mai smesso di produrre vino, pur passando di mano più volte, e che pure sono pressoché ignote alle guide dei vini, alle riviste e ai blog. Prendete ad esempio la Cantina della Porta Rossa di Diano d’Alba, il cui nome ci capitò di leggere per la prima volta nel 1997 sulla cara, vecchia, bianca etichetta a caratteri gotici rossi (un po’ torva ma affascinante) di un Barolo Selezione dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini di Alba degli anni Settanta, forse della grande annata 1978. Il vino era un sogno; l’azienda, per noi, un mistero. Cercando tra i pochi documenti disponibili, scoprimmo una storia curiosa: una cantina ottocentesca era ospitata dentro un palazzo napoleonico in centro a Diano d’Alba; aveva costruito l’edificio, in vista del trasferimento al seguito di Bonaparte, un capitano francese, tale Assic. Anni dopo conoscemmo Pierfranco Bonaventura, che al termine di turbinose vicissitudini aveva rilevato la cantina e ne proseguiva, conservandone il carattere, la vicenda.
Nel mondo del vino, spesso, storie come questa nascondono il pericolo di una delusione, al momento di andare al sodo: cioè assaggiare i vini. Accade cioè di trovarne di monumentali nel senso della loro condizione di ruderi; pittoreschi, ma ruderi. Ebbene, i vini di Pierfranco, ottenuti grazie a una accorta attività di négoce come usava un tempo, hanno brio da vendere, e se non esattamente “moderni”, sono perlomento “attuali”. Dietro la porta rossa, che c’è davvero, riposa un piccolo tesoro di vecchie annate di Dolcetto di Diano d’Alba (straordinari 1997 e 1998) e Barolo buoni e classici, a prezzi risibili. E ovviamente c’è la produzione annuale, fatta di rossi misurati e precisi come l’abito di un sarto di Savile Row. Il nostro cuore batte per il Langhe Nebbiolo, da una vigna di Canale d’Alba e in effetti espressione pura del Roero, delle sue sabbie, del suo microclima relativamente caldo, e della sua singolare espressione in nebbiolo teneri, aperti, profumati. Incurante dello stile vistoso da tempo imperante nel rosso roerino, questo gioiellino spande un profumo di agrume rosso di piena definizione, succoso e leggero, non indugia sulle asperità tanniche e lascia alla bocca un’eredità sapida e gentile, al ricordo di liquirizia. Se accettate un consiglio, servitelo a 15 gradi, cioè dopo una mezz’ora buona nel frigo.
Una cantina ottocentesca era ospitata dentro un palazzo napoleonico in centro a Diano d’Alba.Dietro la porta rossa, che c’è davvero, riposa un piccolo tesoro