ZWEIGELT
EBNER

La voga attuale per i vini leggeri, non imbottiti di estratti e di rovere, che si riallacciano al modello idealizzato e nostalgico del vino contadino, sembra rigettare a priori la possibilità di accogliere favorevolmente i vini neri. I vini, cioè, che appaiono allo sguardo color buccia di melanzana; o, nei casi più estremi, inchiostro di china, scaglia di liquirizia, pece assira. Ma un bevitore à la page che si faccia condizionare da un simile impatto visivo non è un bevitore laico e aperto. Esistono infatti vini scuri e tragicamente imbevibili, certo; ma anche vini scuri e insieme straordinariamente beverini. Esempi? Quanti se ne vogliono. Il Lambrusco Grasparossa, in primis, o certi vini dell’Oltrepò, oppure alcuni vini della penisola sorrentina (Lettere, Gragnano); o certi rossi della Loira a base di cabernet franc, nero assoluto allo sguardo ma saettanti al sapore; o ancora i rari (per la penisola italiana) vini ottenuti dal vitigno zweigelt.

Ecco, proprio da quest’ultima varietà – creata dall’ampelografo omonimo negli anni Venti in laboratorio incrociando St. Laurent e blaufränkisch – l’azienda Ebner di Renon (da non confondere con l’omonima Ebnerhof di Cardano) ottiene un vino dal colore nerastro che fa presumere chissà quale pesantezza e densità, e che invece al palato si scioglie in una nuvola delicatissima di frutto maturo, pieno di succo, fresco e slanciato. Il 2013 corrisponde in pieno a una simile silhouette, il 2014, figlio di un’annata di più complessa gestione, è una frazione meno intenso e scattante, rimanendo una bottiglia più che raccomandabile.


Esistono vini scuri e insieme straordinariamente beverini.
Esempi? I rari (per la penisola italiana) vini ottenuti dal vitigno zweigelt