UPUPA ROT
WEINGUT ABRAHAM

Si vorrebbero evitare sempre e comunque i toni sdolcinati, anche perché gli zuccheri residui nella media non ci piacciono, ma possiamo garantire che la prima volta in cui abbiamo incontrato Martin e Marlies Abraham, nello scenografico e quasi irreale paesaggio dell’Alpe di Siusi, s’è parlato a lungo e alla fine ci siamo salutati sullo sfondo di un luminoso arcobaleno. Non che la giovane coppia di vignaioli altoatesini produca vino così in alto, beninteso; le loro vigne si trovano più ragionevolmente dalle parti di Appiano. Martin e Marlies fanno bianchi e rossi da pochi anni, cinque o sei, ma con la consapevolezza e la maturità stilistica di veri veterani. Martin è il prototipo del produttore monosillabico sulle prime, al punto di fare invidia alla proverbiale reticenza verbale del leggendario piemontese Bruno Giacosa. Ma, dandogli il tempo e l’opportunità di sciogliere l’iniziale ritrosia, diviene via via più loquace, ed esprime una visione del vino semplice, diretta, senza artifici.

Proprio così risulta il suo, il loro Upupa Rot, rosso scattante basato sulle uve schiava – vernatsch in dialetto locale – che vengono dall’ultracinquantenne vigneto Rosslauf, tra Appiano e Caldaro, a quattrocentocinquanta metri di altezza sul livello del mare. Classicamente scarico nel colore, ma non nei profumi e nel gusto, ha slancio, freschezza, purezza di accenti sia all’olfatto che al gusto, e anche una sua rustica eleganza. Dategli i giusti tempi per prendere aria (più di cinque minuti ma meno di sette mesi), all’inizio è piuttosto sulle sue. Come Martin, guarda caso.


Martin e Marlies fanno bianchi e rossi da pochi anni, ma con la consapevolezza e la maturità stilistica dei veterani