PETERLE
BALDESSARI

È molto probabile che la nostra personale amicizia più che ventennale con una donna del vino con le qualità umane e il talento professionale di Elisabetta Foradori abbia finito per influenzare la simpatia che abbiamo coltivato in questi anni per un rosso come il Teroldego. Ma se, da un lato, la schiettezza, la semplicità, il garbo di Elisabetta ci hanno senz’altro ben disposti verso quel vino che ha in lei l’interprete (la partigiana) più ispirata e affermata, dall’altro forse questo di più di ammirazione che nutriamo per il suo lavoro ci avrà magari anche un po’ frenati nell’apprezzare a pieno il talento di altri vignaioli del teroldego, nel riconoscerne i meriti indipendentemente dal confronto con i vini della Foradori.

Per questo oggi siamo doppiamente contenti di scoprire un altro Teroldego declinato al femminile, il Peterle di Michela Baldessari, profondamente originale nell’ispirazione e diverso dalla maggioranza di quelli in commercio, Foradori inclusa. Originalità che risiede essenzialmente nella matrice territoriale: non più la pianura del Campo Rotaliano, non i terreni profondi e alluvionali, con quella stratificazione di ghiaia e ciottoli che il torrente Noce ha trascinato nel fondovalle, bensì i profili calcarei e rocciosi della collina a est della città di Trento. Qui i Baldessari hanno piantato nel 2000 una vigna a guyot (e non a pergola), proprio sopra l’abitato della città, sulle balze assolate del sito di una vecchia “predara” in località Solderi. Un riferimento cruciale quello alla pietra, esplicitato dal nome Peterle, che allude anche al vezzeggiativo di Peter, figlio di Michela. Piegato alla logica delle basse rese, il Teroldego bio di casa Baldessari (il padre e lo zio di Michela hanno scelto il biologico già nel lontano 1990) viene raccolto tardi, mediamente intorno a metà ottobre; quindi sottoposto a una lenta fermentazione e a un lungo contatto con le vinacce, anche per un mese, per poi affinare in piccole botti di rovere di terzo e quarto passaggio e andare in commercio a tre anni dalla vendemmia. La spiccata profondità tannica è quella già nota del vitigno, ma il carattere nervoso e “roccioso” è tutto da scoprire.


Originalità che risiede essenzialmente nella matrice territoriale: i profili calcarei e rocciosi della collina a est della città di Trento