Si può risultare a un tempo il frutto di una riflessione moderna sul significato del vino, sul suo legame dinamico con il territorio e l’uva di origine, e di un patrimonio di conoscenze arcaiche e di sensibilità rabdomantica, istintiva, nell’applicarle? Questo vino risponde di sì. E in tanto la sua intonazione lirica sorprende, in quanto a trasformarla in un vino, profumato e delizioso, è un (grande) enologo, Federico Staderini: un uomo di scienza conscio dei limiti della scienza quando questa incrocia la vita; già solo per questo, un illuminato. Il Cuna, che in etichetta trovate scritto, oltre che in italiano, in una “comoda” traslitterazione etrusca, non realizza solo quella descritta, di quadratura del cerchio. Rappresenta anche uno degli accordi più complessi e più potenti mai raggiunti in Italia da quel complicato strumento che è il pinot nero, l’uva di Borgogna che nel suo luogo d’origine è usa legare accordi celestiali e che lontano da casa pare alle volte afflitta da una sorta di malinconia. Il Cuna nasce nel Casentino, sulle alte colline di Pratovecchio, da un giovane impianto di quattro ettari condotto in biodinamica. Il luogo è incontaminato, ventoso, decisamente fresco, pieno di sassi calcarei, tanto da far sentire alle piante di pinot una sorta di “aria di casa”.
Prodotto senza diraspare le uve e senza inoculo di lieviti, e maturato in piccoli legni, proprio “alla borgognona”, ha un bellissimo profumo dolce e profondo, sfumato appena da qualche accento silvano, e un sapore dapprima vivido, poi man mano più etereo, trasognato. L’annata 2014, qui raccontata, porta un piccolo talloncino sul collo della bottiglia: “Anno J”, c’è scritto, vai a sapere perché; il talloncino-enigma del 2012 aveva scritto “maggior fatica”; il 2013 uscirà quando ritenuto pronto. Le ultime parole le lasciamo, accompagnate dalla nostra incerta parafrasi, a un altro poeta, toscano come Staderini, solo sette secoli e mezzo più anziano, Bonagiunta Orbicciani da Lucca, che così ebbe a recensire il Cuna attorno al 1260: «Da dientro de la nieve esce lo foco / adimorando ne la sua gialura / e vìncela lo sole a poco a poco» (Dal dentro della neve emerge il fuoco / il quale dimorava nel suo gelo / dal sole sbaragliato a poco a poco).
Dal dentro della neve emerge il fuoco il quale dimorava nel suo gelo dal sole sbaragliato a poco a poco