La mediazione di un compagno di calcetto ci ha messo in contatto con un elegante commercialista campano, Arsenio Pica, desideroso di farci assaggiare il rosso prodotto insieme al fratello Giuseppe in un lembo poco noto dell’entroterra cilentano. Niente contro i commercialisti, per carità: un film di vent’anni fa ci ha mostrato che anche loro hanno un’anima, e il recente avvento della dichiarazione precompilata ne ha perfino mitigato le parcelle. Solo che in questa nostra ormai pluridecennale militanza tra le fila della critica vinicola ne abbiamo visti tanti di commercialisti (e avvocati, e primari, e professionisti di ogni tipo) gingillarsi col giocattolino dell’azienda vinicola animati essenzialmente dall’urgenza di un inderogabile risarcimento narcisistico; ne abbiamo visti tanti demandare l’intero iter delle scelte produttive all’ultimo winemaker di successo e poi farsi immortalare tra le barrique in pose da Napoleone di provincia, per atteggiarsi a vigneron con commenti di involontaria comicità; e in ultima analisi ne abbiamo assaggiati davvero tanti (forse troppi) di vini “del commercialista”, seriali e apolidi, anonimi e insieme vistosi, per non nutrire un po’ di sano, istintivo pregiudizio.
Ma a riprova che il pregiudizio non è mai sano, il nostro Arsenio Pica si è rivelato di tutt’altra pasta, un gentiluomo come raramente se ne incontrano: la sua bottiglia staffetta ci proponeva un Aglianico dalla personalità originale ed era un invito al viaggio da non lasciar cadere. Perciò lo ringraziamo per averci stimolato a scoprire il paesaggio del Vallo di Diano, un altopiano ai margini del Parco Naturale del Cilento poco battuto dalle rotte del turismo del vino; e soprattutto per averci fatto conoscere il suo Tempère, ricavato da quasi tre ettari di vigna piantati sui terreni marnosi della collina di San Pietro al Tanagro (Le Tempe è il toponimo che ha ispirato l’etichetta). Il carattere combina l’austerità irpina di certi Taurasi con i richiami alla macchia mediterranea tipici dell’Aglianico costiero, e nelle annate più riuscite, come la 2008 o la 2010, il frutto è screziato da ricordi di origano e resine e la vitalità sapida dà slancio al finale.
Lo ringraziamo per averci stimolato a scoprire il paesaggio del Vallo di Diano, un altopiano ai margini del Parco Naturale del Cilento poco battuto dalle rotte del turismo del vino