IL vitigno primitivo dà vini primitivi soltanto per i bevitori inesperti. Proprio al contrario, si tratta di una varietà plastica, dalle multiformi capacità interpretative: può dare rossi poderosi, di potenza alcolica intimidatoria, ma anche vini più agili e facili da bere. Vini se non snelli, atletici: come un buon giocatore di rugby, che magari pesa 110 chili, ma che nei fatti è capace di correre i cento metri in dieci secondi. È pienamente il caso del rosso prodotto sulle alture della Murgia tarantina, a circa quattrocento metri sul livello del mare, dal giovane Domenico Caragnano. Dal 2000 qui si è scelta in vigna la strada impegnativa della coltivazione tradizionale ad alberello, e l’altrettanto seria alternativa “naturale” e spartana all’enologia iper-interventista delle decine di sostanze chimiche ancora oggi,
Anno Domini 2016, ammesse dalla legge. Poca produzione, molta manodopera impegnata nelle varie fasi delle lavorazioni, ricerca di una piena maturità delle uve. Nasce così un rosso certamente energico, non timido nel peso estrattivo, ma capace di uno sviluppo aromatico (gariga, liquirizia, oliva, prugna) e gustativo (mora matura, grafite, liquirizia, alga marina) vivo e sostenuto. Piacevole in particolare la vibrante “scodata” di freschezza del lungo finale, che rende il profilo longilineo e il cosiddetto “sorso” di immediata piacevolezza. La solita avvertenza: essendo un prodotto veramente artigianale, tende a risultare contratto nel bicchiere appena versato. Qualche minuto di attesa, magari una mezz’ora, ancora meglio un’oretta piena, perché sciolga le iniziali impuntature olfattive premierà la vostra pazienza.
Il vitigno primitivo può dare rossi poderosi, di potenza alcolica intimidatoria, ma anche vini più agili e facili da be