SALICE SALENTINO IL PIONIERE
NATALINO DEL PRETE

Un odore, un profumo, un sentore magari non invitantissimo fanno riaffiorare ricordi molto remoti non soltanto nelle menti degli scrittori illustri, ma anche, più umilmente, nel cervello annebbiato dall’alcol dei cronisti del vino. Rivado ai primissimi tempi della passione per il vino, prima che diventasse una professione degustarlo e scriverne, e alle impressioni olfattive che stimolavano i vini dell’epoca. Non c’era ancora la luce elettrica, e le fioche luci delle lanterne a gas illuminavano il nostro grande collega Sandro Sangiorgi, già allora esperto conoscitore di vini e fenomenale oratore in pubblico. Il mio battesimo delle degustazioni guidate fu proprio una serata in cui Sandro si cimentava, da par suo, con una piccola verticale di Grattamacco, il noto rosso del bolgherese. Ho ancora ben presenti gli aromi che pareva di sentire annusando il leggendario 1985: come prima sensazione, quella del legno laccato di fresco. Lo ricordo bene perché negli stessi giorni un conoscente lavorava in un laboratorio di restauro dove si ridava nuova vita a vecchie credenze, comò, tavoli e sedie nelle più diverse essenze lignee.

A distanza di decenni, per un radicato pregiudizio ho spesso associato l’idea del “rosso pugliese moderno”, come categoria dello spirito (in senso letterale e metaforico) a quella famiglia di odori: lacca, smalto, vernice. Questo a causa di un uso, e non di rado di un abuso, di rovere piccolo, che non è facile gestire quando si ha a che fare con rossi che raggiungono gradazioni alcoliche significative. Oggi, per fortuna, si trovano sempre più rossi di Puglia liberi da tale camicia di forza. Freschi, ariosi, “sollevati”. Pur senza rinnegare affatto le loro doti strutturali, non di rado generose. Una simile silhouette si adatta bene al Salice Salentino Il Pioniere di Natalino del Prete: vignaiuolo con la “u”, a sottolinearne anche verbalmente l’arcaico, onesto, trasparente rispetto per la tradizione. Talmente fedele alla voce del territorio da non aver bisogno dell’etichetta di “agricoltore biologico”, una definizione a ben guardare piuttosto lunare, come se si dicesse “tassista automunito”, o “falegname che lavora il legno”. Dalle posizioni teoriche sfumate («chi diserba è un criminale»), Natalino fa uve e vini schietti, senza alcun artificio. Il Pioniere è centrato su un frutto maturo e insieme croccante, succoso, in cui la dolcezza non è mai debordante, ma al servizio di un’intensità di sapori e di una dinamica del tutto convincenti. Da bere in compagnia, preferibilmente su un tappeto erboso.


Oggi, per fortuna, si trovano sempre più rossi di Puglia freschi, ariosi, ‘sollevati’.
Pur senza rinnegare affatto le loro doti strutturali, non di rado generose