Tra gli appassionati di vino più capaci di anticipare scenari e tendenze di là da venire, così come tra i viticoltori più lungimiranti e sensibili alle ragioni di un basso impatto ambientale, non sono in pochi a scommettere sul futuro delle cosiddette “varietà resistenti”. Resistenti a quelle patologie, peronospora e oidio in primis, che sono il vero tallone d’Achille della vite, una pianta che da un lato occupa solo il 3% della superficie agricola europea, ma dall’altro assorbe il 65% di tutti i fungicidi distribuiti nei campi. E in attesa che il legislatore si metta al passo con le importanti acquisizioni sul versante degli incroci, per normare con maggior tempismo ed efficacia una materia tanto sentita, i più accreditati istituti di ricerca continuano a produrre sperimentazioni importanti.
È in uno dei più attivi tra questi centri, la Fondazione Edmund Mach dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, che Silvano Clementi lavora già da qualche anno come ricercatore, specializzato proprio sulle problematiche di quelle varietà resistenti ottenute attraverso incroci per polline, senza alcuna modificazione genetica. Parallelamente, Silvano porta avanti l’azienda agricola della sua famiglia, sulle colline Avisiane a nord di Trento: pochi ettari di vigne e frutteti coltivati in biologico, per produrre succhi di frutta (di mela e di mora, ma anche succhi d’uva) e qualche etichetta di vino. Sono etichette nelle quali Silvano mostra se stesso appeso per i piedi a testa in giù, a suggerire un punto di vista radicalmente “altro”, che si concretizza nelle scelte di tutta la filiera, dalla certificazione bio-vegana fino al tappo a vite.
Tra queste promette bene l’Aromatta, un bianco che ci fa scoprire le sorprendenti risorse dell’uva aromera: risorse aromatiche, come lascia presagire già il nome e come conferma un naso traboccante di suggestioni, dai fiori bianchi al frutto della passione; ma anche risorse gustative, con uno sviluppo che non si affida soltanto alla prevedibile vena fruttata, ma rivela una vitalità salina di norma preclusa a bianchi aromatici quali Traminer e Moscato.
Un punto di vista radicalmente ‘altro’, che si concretizza nelle scelte di tutta la filiera, dalla certificazione bio-vegana fino al tappo a vite