Sul finire della primavera abbiamo passato qualche giorno insieme ai produttori del Carso: “ragazzi di vitovska” li abbiamo scherzosamente ribattezzati, parafrasando Pasolini. E se conoscevamo già l’ottimo lavoro di Benjamin Zidarich e Sandi Skerk, di Matej Skerlj e Paolo Vodopivec, che si confermano veri e propri fuoriclasse della macerazione, con vini capaci di coniugare complessità e piacevolezza come raramente accade (e non solo in Friuli), non sono tuttavia mancate le sorprese. In particolare, siamo rimasti colpiti dalla saggezza dei produttori più esperti come Silvano Ferluga, Bruno Lenardon e Stanko Milič; dall’energia dei vignaioli della generazione di mezzo quali Rado Kocjančič, Igor Grgič e Andrej Bole; nonché dal promettente talento di un vignaiolo appena trentenne, Gabrijel Cernigoi. Segnatevi questo nome, perché c’è da credere che ne risentiremo parlare presto.
Per ora Gabrijel – in arte Gabì – si sta facendo le ossa con il suo piccolo appezzamento alla periferia di Trieste, un ettaro e mezzo di vigne sparpagliate tra Lòngera e San Giovanni.
Qui la terra non è più rossa e calcarea, come a Prepotto e a Sgonìco, bensì un flysch più chiaro, simile a quello istriano; e la vigna non solo risente in positivo della prossimità del mare e delle sue brezze, ma beneficia anche dello stenčnik, una locale brezza di terra che si alza con regolarità nelle sere d’estate garantendo una ventilazione permanente e propiziando importanti escursioni termiche. Con la Vitovska Gabì sta esplorando diverse strategie di vinificazione, ed è passato dai dieci giorni di macerazione per la vendemmia 2013 a una soluzione più classica per la 2015, vinificata in bianco e poi fermentata in botti di rovere da otto ettolitri, ma senza inoculo di lieviti. L’esito è già confortante, con un articolato ventaglio aromatico che rimanda a sentori di fieno, cereali e macchia mediterranea; e con un gusto segnato dal profilo sapido e quasi salmastro della varietà. Ma il meglio deve ancora venire.
Qui la terra non è più rossa e calcarea, come a Prepotto e a Sgonìco, bensì un flysch più chiaro, simile a quello istriano