FAMOSO SIGNORE
ANCARANI

Per un curioso paradosso, uno dei vitigni più sconosciuti dell’intera penisola italica si chiama famoso. Non si tratta di nuovo arrivato, tuttavia. Le prime fonti documentali che lo citano risalgono al tardo Medioevo: il nome appare nella tabella di un dazio comunale di Lugo di Romagna trascritta nel remoto 1437. Viene dunque coltivato in terra romagnola, con alterne fortune negli ultimi secoli. Dapprima relegato al rango di uva da tavola, poi via via più trascurato a causa di un preteso “eccesso di aromaticità”, è oggi rivalutato da un drappello sparuto di aziende che ne stanno esplorando le potenzialità come base per vini leggeri, freschi, snelli, di pericolosa facilità di beva.

Un profilo che corrisponde in pieno al Famoso Signore di Rita Babini e Claudio Ancarani, laddove “Signore” sta per il plurale di signora, come si evince anche dalla semplice osservazione dell’etichetta, che riporta un trio di donzelle in abiti tradizionali (e/o antichi). Non aspettatevi un bianco ampio e strutturato. Né, tantomeno, un vino di caratura superiore, com’è nei fatti lo squisito Centesimino Passito Appesa prodotto dalla stessa azienda. Qui, proprio all’opposto, si esaltano le virtù dei vinelli scattanti, leggerissimi (12 gradi d’alcol nel 2015) ma tutt’altro che acquosi. Insomma, come ci pare giusto per una volta, al vino più complesso e riuscito preferiamo il vino più semplice e franco. I profumi riportano subito alla mente certi vini altoatesini, scorza di limone, erbe aromatiche, salvia: una sorta di Müller Thurgau in salsa romagnola, insomma. Al palato si accende di una semplice, immediata luminosità, e pur essendo molto scorrevole non arriva mai a dare una sensazione di vuoto; casomai, in misura molto più attraente, di freschezza e slancio inarginabili.


Le prime fonti documentali che lo citano risalgono al tardo Medioevo: il nome appare nella tabella di un dazio comunale di Lugo di Romagna trascritta nel remoto 1437