La cantina di Simone Santini è nella zona orientale di San Gimignano, nella frazione detta Santa Lucia per la presenza di un’antica chiesa, da poco restaurata, dedicata alla santa. Stradine sterrate salgono e scendono per i versanti, le cui piccole pezze coltivate, strappate alla fitta boscaglia, ospitano vigne e ulivi. La prima volta che venimmo in visita da Simone, era di aprile, questi fermò il suo cigolante fuoristrada – non proprio comodo come l’Orient Express – al bordo del vigneto più vecchio, quello detto Ai Sassi, che aveva piantato nel 1986. Scese, bordeggiò un filare per una decina di passi, chinandosi ritmicamente; tornò in auto mostrando ai nostri occhi sbarrati una piccola collezione di fossili della misura e della forma più varia, intatti, raccolti in meno di un minuto.
Confessiamo di avere di nostro un debole per i vini d’impronta marina e dalla vigorosa indole minerale; la Riserva di Simone, quella che nasce proprio nella vigna dei mille fossili, ha questo carattere. I riscontri aromatici sono dapprima proprio di sabbia calda e salsedine; poi si fanno strada note floreali e di scorza di limone, senza squilibri alcolici e senza svenevoli dolcezze. Nulla, tuttavia, in questo naso come dipinto all’acquerello e con una tavolozza limitata ai toni del bianco, del giallo e del verde chiaro, preannuncia un assaggio di una foga spaventosa, soprattutto nel modo veemente con cui nel finale tornano, e si direbbe sferzano, le ventate marine del profumo. Curiosamente, non è una vernaccia in purezza; nel vigneto venne messa a dimora – a metà anni Ottanta era la norma – qualche pianta di chardonnay, la quale tenta, a nostro parere senza alcun esito, di placare la nervosa irruenza della varietà toscana. Esce sul mercato dopo lunga maturazione di due anni in acciaio e almeno uno in bottiglia, ed è vino biologico certificato; le pratiche di agricoltura sostenibile, alle Calcinaie, sono del resto applicate sin dal 1995. Anche gli altri vini aziendali, compresi i rossi, vivono di questa forza minerale, che anzi, sul sangiovese del Chianti Colli Senesi, ad esempio, stende come un velo d’argento, impreziosendone il finale ed estendendolo.
Tornò in auto mostrando ai nostri occhi sbarrati una piccola collezione di fossili della misura e della forma più varia, intatti, raccolti in meno di un minuto