LE NUVOLE
MARCO ANTONELLI

La storica zona del Piglio, dalla quale sono arrivati, ormai diversi anni fa, i primi segnali di una nuova vitalità nel Sud del Lazio, è anche quella sulla quale sono puntati con la messa a fuoco più puntuale i binocoli degli osservatori; e a giusta ragione. Da qualche tempo, tuttavia, produzioni e storie degne di essere raccontate arrivano anche dall’areale limitrofo di Olevano Romano. Prendiamo il caso di Marco Antonelli, classe 1975. Suo padre Franco coltivava la vigna per venderne le uve; quando è scomparso, nel 2007, Marco ha deciso di tentare la strada già tracciata in zona da pionieri come Damiano Ciolli e Fernando Proietti, con cui il rapporto di amicizia aveva determinato anche un confronto continuo sui temi della produzione del vino. I suoi primi imbottigliamenti non sperimentali sono del millesimo 2011.

A oggi, Marco produce quattro etichette, tre rossi (un Cesanese di Olevano d’ingresso, un Superiore, una Riserva) e una quasi confidenziale quantità di bianco. A nostra volta, per citare un vecchio gioco da Luna Park, aspettavamo col martello in mano la “talpa” da un buco, quello dei tre Cesanese, ed è uscita da un altro. L’assaggio del meno chiacchierato dei quattro vini, un bianco battezzato Le Nuvole citando così ad un tempo Aristofane e De André, ci ha colti di sorpresa. I vigneti di provenienza, in conversione al biologico, sono due. Uno è vicino la cantina, in località Villa Marina (corruzione di Màina, dal latino magna: il mare non c’entra), appena un decimo di ettaro su un terreno profondo e argilloso, coltivato a malvasia di Candia nel biotipo non aromatico. L’altro, la Morra Rossa, è più esteso – 0,6 ettari sui due in proprietà, il resto è a cesanese – più calcareo e sassoso, e anche più celebre, essendo considerato da sempre tra i migliori cru del confinante cesanese del Piglio. Qui la produzione è peraltro resa scarsa dall’età più che settantenne delle piante di trebbiano e ottonese bianco (il bombino). E in verità, sparse nel vecchio vigneto, si possono trovare ancora autentiche vestigia ampelografiche, come il cosiddetto bianco olevano, l’uva pane (o bellone) e persino la salamanna, altrove detta moscato d’Alessandria, o zibibbo. Il Le Nuvole 2015, prima annata prodotta, superata una lieve riduzione iniziale, apre un gran naso in chiaroscuro che sa di fiori dolci come l’acacia, agrume amaro e cereali tostati; la bocca è addirittura rabbiosa nell’allungo, spietatamente minerale ma più energica che densa, e davvero affascinante.


Sparse nel vecchio vigneto, si possono trovare ancora autentiche vestigia ampelografiche, come il cosiddetto bianco olevano, l’uva pane (o bellone) e persino la salamanna