LA FOTA
MONTECORVINO

Icona del bianco campano, con oltre duemila ettari di vigna censiti nella sua terra d’elezione, la Falanghina che arriva sulle nostre tavole proviene in larga parte dalla provincia di Benevento, con significative digressioni nell’area dei Campi Flegrei e una presenza trasversale nel portafoglio produttivo di oltre centocinquanta aziende della regione. Trasversale anche il gradimento, legato soprattutto alla facile reperibilità, al prezzo contenuto e all’immediatezza fruttata da bianco di pronta beva, che sono in sintesi i requisiti alla base di un enorme successo commerciale, tanto in Italia che all’estero, in continua crescita negli ultimi vent’anni.

A fronte di questa indiscutibile popolarità della Falanghina campana, solo in pochi hanno familiarità con i suoi occasionali scollinamenti molisani e pugliesi, e quasi nessuno ne conosce le versioni realizzate nell’Agro Pontino, sporadiche quanto purtroppo anonime nella stragrande maggioranza dei casi. Fa eccezione La Fota, Falanghina che Andrea Fiacco e Giuseppe Palombo realizzano in tirature pressoché confidenziali sotto il Castello di Sermoneta. E fa eccezione in più sensi: in primis perché proviene da un luogo che ha ben poco a che vedere con gli stereotipi della pianura pontina, con il suo paesaggio piatto e uniforme, i suoli sabbiosi e il clima arido.

Al contrario, quando si arriva a Sermoneta la musica cambia bruscamente, la collina si increspa, il bosco si infittisce, le matrici alluvionali si animano di vene calcaree e l’aria si fa subito più fresca e pungente; e più ci si inoltra nelle valli che conducono a Bassiano e si addentrano alle pendici dei Monti Lepini, più il paesaggio insiste nel suo carattere ombroso e selvatico, di ascendente appenninico. Ma anche lo stile del vino ha poco da spartire con la prevedibile linearità espressività dei bianchi pontini, così spesso teneri, piatti e monocordi nel sapore. Di tutt’altra vivacità il carattere aromatico di questa versione 2015, punteggiata da ricordi di salvia ed erbe di montagna, in un chiaroscuro di vibrazioni sapide, dal finale rinfrescante.


Quando si arriva a Sermoneta la musica cambia bruscamente, la collina si increspa, il bosco si infittisce, le matrici alluvionali si animano di vene calcaree e l’aria si fa subito più fresca e pungente