Tra le tante ragioni che ci inducono a pensare alla Campania come a una delle regioni vinicole più vocate al mondo non c’è solo la qualità, ma anche la varietà dei suoi territori. Se incrociamo la vocazione delle zone vulcaniche della regione, almeno quattro – Roccamonfina, l’isola d’Ischia, i Campi Flegrei, il Vesuvio – alla profondità storica della locale viticoltura otteniamo un quadro che ha del prodigioso, almeno come potenzialità. Le varietà acclimatate, ad esempio, sul Vesuvio, sono in buona parte diverse da quelle flegree, e queste sono altre rispetto alle cultivar ischitane. Sul grande vulcano prospera ad esempio il caprettone, vitigno dalla singolare “capacità di lettura” del terroir vesuviano, ma a lungo confuso con la coda di volpe e finalmente in via di riconoscimento autonomo nel disciplinare; dal quale resta invece ancora fuori una cultivar antichissima come la catalanesca, tipica di Terzigno.
Il Lacryma Christi Vigna Lapillo di Benny Sorrentino e della sua famiglia – la sorella Maria Paola si occupa della parte enoturistica e culturale, il fratello Giuseppe del lato commerciale; Benny è enologa e agronoma – viene, come il nome promette, da una singola vigna, posta a cinquecento metri in comune di Boscotrecase, ed esposta a sud-sud-ovest. Dal vigneto si ottengono tre vini, con lo stesso nome: oltre al bianco più sotto descritto, un sapido rosato, assai elegante nel millesimo 2015, e un rosso di stile quasi borgognone, agile, luminoso e profumato. L’impianto è sulla pendice del Vesuvio, al limite altimetrico della coltivabilità dato che oltre iniziano colate laviche solidificate, lungo una brulla erta di un rosso bruciato, in massi e lapilli («la qual null’altro allegra arbor né fiore», nella Ginestra leopardiana). Il potere drenante, lassù, è insomma tale, ci spiegava Benny, da porre in crisi nera dal punto di vista idrico qualunque pianta di vite vi venga posta a dimora. Del Vigna Lapillo Bianco, che nasce un po’ più sotto, abbiamo assaggiato diverse annate, e in tutte il profumo più evidente è quello – guarda un po’– minerale: un coacervo di sensazioni di fumo, salgemma, polvere e gomma, attorno al quale la corolla di fiori gialli, mandorla e susina completa un quadro che ha qualcosa di davvero lirico, e in ogni caso è originalissimo.
L’impianto è sulla pendice del Vesuvio, oltre iniziano colate laviche solidificate, lungo una brulla erta di un rosso bruciato, in massi
e lapilli