Come sanno anche i sassi, esiste una Capri à la page, danarosa, frequentata da personaggi coperti d’oro (d’oro anche lo spazzolino da denti, setole comprese). O meglio, esisteva forse in questi termini fino alla fine degli anni Sessanta. Esiste poi una Capri più nascosta, se vogliamo dirla retoricamente più autentica, dove gli abitanti non vendono sandaletti o limoncello finto-artigianale: dove gli abitanti sono artigiani sul serio. Non bisogna far caso al nome del protagonista, che sembra pensato da un ente turistico per ossequiare i cliché più radicati sulla napoletanità: Gigino Esposito non è un personaggio folkloristico ma un vignaiolo vero. Ormai ottantenne, non ha mai varcato i confini liquidi dell’isola, è sempre vissuto nel piccolo podere di Anacapri, non lontano dalla celebre e interminabile Scala fenicia. La vigna è piccolissima, meno di mezzo ettaro, su “pezze” – vale a dire terrazzamenti – aggrappate al monte Passetiello.
Ospita viti di greco, biancolella, un po’ di falanghina allevate a pergola. Le uve si vinificano in una minuscola ma stupefacente cantina di appena quaranta metri quadrati, ricavata all’interno di una vecchia cisterna romana. Ne deriva un bianco sulle prime meno spontaneo e “selvaggio” di come ci si aspetterebbe; la tecnica esecutiva, moderna con misura, tende sulle prime a comprimerne il carattere, mettendo in primo piano note olfattive un po’ dolci e prevedibili. Dovete dunque lasciare al vino il giusto tempo per aprirsi, magari scaraffandolo. Con l’aria le note leggermente confettose spariranno, in favore di aromi più franchi e ricchi di carattere: spuma marina, ostrica, pietra focaia. Al palato non ha (per fortuna) una struttura imponente e si muove con grazia, chiudendo più sulla freschezza che sul calore. I suoi 12 gradi d’alcol non vi ritroveranno alcune ore dopo il pasto. Potrete affrontare la Scala fenicia agili e leggeri.
Le uve si vinificano in una minuscola ma stupefacente cantina di appena quaranta metri quadrati, ricavata all’interno di una vecchia cisterna romana