Tra i comuni del Fiano di Avellino, che sono ventisei, Montefredane occupa un posto particolare. Dal punto di vista della varietà territoriale, è un cosmo, con vigne che si arrampicano fino al castello, a cinquecentonovanta metri, ma che partono da altitudini anche inferiori ai trecento. I terreni sono diversi: più ciottolosi in basso, più sciolti in alto, dove li attraversano vene vulcaniche di tufi e pozzolane derivate da antiche, esplosive eruzioni del Vesuvio, pure lontano in linea d’aria almeno trentacinque chilometri. Diverse sono ovviamente le esposizioni, differenti gli stili delle aziende locali.
Eppure, assaggiando i vari Fiano di Avellino da queste vigne – parto di cantine dallo stile classico come Vadiaperti, Pietracupa o Villa Raiano – un filo logico si trova. Oltre alla gran freschezza e alla tipica nota di nocciola e castagna tostate, vi è nei Fiano locali una traccia erbacea, gradevolissima e pura, che colora di sé anche la parte agrumata inducendo all’uso di descrittori come il lime, il bergamotto, finanche il pompelmo. Ci abbiamo pensato assaggiando questa bella novità. A produrla, un’azienda di recente fondazione, quella dei fratelli Giuseppe e Pasquale Guadagno, nata nel 2010. Li segue, molto da vicino, un enologo giovane e serissimo, Gennaro Reale, il quale ha avuto una parte importante nella progettazione di questo cru. «L’azienda ha tre ettari e mezzo a fiano, nella zona – ci ha spiegato – e la parte alta della loro proprietà è un gradonamento a quattro terrazze esposto a sud, con un rudere in mezzo. È un posto magnifico, che io ho cercato di capire per un po’, poi abbiamo realizzato questa selezione dalle vigne terrazzate che porta il nome della Contrada». E come l’avete realizzata? Abbiamo domandato. «In modo semplicissimo: raccolta il 30 settembre; uva intera nella pressa, mosto fiore in decantazione a freddo, senza aggiunta di enzimi o altro, un solo travaso, un anno in acciaio, un anno in bottiglia. Il resto lo fa il territorio: è un vino, per chi sia interessato ai valori analitici, da 13,5 gradi di alcol ma che ha 3,12 di pH e 7,2 di acidità». Valori da bianco nordico, traducendo. Ma a parte le analisi, è la bellezza incantevole del vino che ricordiamo e ricorderemo bene: quel profumo di ortica, mentuccia, agrumi e nocciola, e il sorso di bella armonia, severo il giusto, acidulo e minerale in fondo, come vernacolo di Montefredane esige.
I terreni sono diversi: più ciottolosi in basso, più sciolti in alto, dove li attraversano vene vulcaniche di tufi e pozzolane derivate da antiche, esplosive eruzioni del Vesuvio