«IL Sud ti ammutolisce o ti fa parlare a vuoto». Lo sostiene Franco Arminio (Terracarne, Mondadori, 2011) nel racconto dei suoi viaggi malinconici nei paesi di un Sud solitario e appartato, sospesi tra un passato che non passa e un futuro che è già passato. L’Irpinia del vino, però, viaggia contromano; e il vuoto di quelle parole non è più un vuoto a perdere, ma a rendere. Il paesaggio del bianco irpino si è infatti vivacizzato in questi ultimi anni oltre ogni aspettativa: conserva forse l’anarchia di un Sud promiscuo e contraddittorio, ma non assomiglia più di tanto a quei paesi di cui parla Arminio, dall’aria sgraziata e dalla luce grigia.
Anzi, al contrario, sfoggia nomi nuovi e sapori vivi. E anche l’umanità di chi questo vino lo produce, lo racconta e prova a venderlo, il più delle volte guarda all’alternativa tra restare o partire come a un falso dilemma. Hanno tutti deciso di restare, ma partendo continuamente. Così Guido Zampaglione, vignaiolo indipendente di energia e consapevolezza non comuni: laureato nella sua Napoli in Economia, specializzato in Viticoltura ed Enologia a Piacenza, Guido è approdato in Monferrato e con la moglie Igiea ha messo su circa quindici anni fa un’azienda solida e apprezzata, la Tenuta Grillo, dove produce Barbera, Dolcetto e Cortese di ispirazione territoriale. Ma la sua passione per il Fiano irpino è rimasta viva e Guido, da una vigna fuori dalla zona classica, sulle colline di Calitri, ne ha elaborato una versione di affascinante originalità, capace di coniugare l’espressione del vigneto a quota ottocento con le macerazioni e l’intensità di un bianco da invecchiamento. È nato così il Don Chisciotte, un Fiano dalla personalità forte e visionaria. Oggi che qualche vicissitudine familiare ha consegnato il progetto Don Chisciotte in mano a suo zio Pierluigi, Guido riparte da Calitri con un nuovo Fiano: il Sancho Panza. La vigna in parte fa capo a un nuovo impianto, sempre sul Monte Mattina, ma il carattere resta quello di un bianco intransigente e reattivo; e l’annata 2014 oggi in commercio rilancia l’assetto verticale di un bianco di montagna, intenso nei ricordi di erbe, slanciato e rinfrescante nel lungo finale.
L’umanità di chi questo vino lo produce, lo racconta, guarda all’alternativa tra restare o partire come a un falso dilemma. Hanno tutti deciso di restare, ma partendo continuamente