Gli abbinamenti (e una nota sul servizio) A rgomento annoso, controverso, dibattuto. Sembra che per i vini dolci l’abbinamento con il cibo sia un’operazione forzata o mortificante. Niente di meno vero, purché si abbia l’accortezza di non arrivare alla fine del pasto ormai privi di appetito (inteso sia come piacere edonistico sia come curiosità personale o, perché no, intellettuale). Gli abbinamenti dei vini dolci possono funzionare per analogia, ma offrono il meglio di sé per contrasto. Nel dolce su dolce (come dire nel “tono su tono”) possono aiutare il buon senso e, ancora una volta, il colore: nessuno, credo, assocerebbe d’istinto una torta al cioccolato a un passito bianco, dove il rischio di impastare la bocca non è un’opzione ma una certezza. Il cioccolato sembra essere la mania dei creativi degli abbinamenti, ma sono pochi i passiti capaci di accostarvisi con successo (se volete insistere, scegliete un Recioto della Valpolicella invecchiato, vino che peraltro va a nozze con le crostate di frutti di bosco, freschi o in confettura). Il panettone vuole senz’altro il Moscato d’Asti (insieme fanno faville), il quale ama anche i gelati alla crema e le insalate di frutta al naturale; lo strudel chiama il Moscato Rosa e il panpepato o il panforte – ma anche i brigidini e i ricciarelli – il Vin Santo (gli abbinamenti tra specialità regionali in genere non falliscono); i dolci di ricotta o le paste di mandorle attraggono i Passiti delle isole (Pantelleria e Lipari); invece la pastiera napoletana ha un matrimonio d’amore con un Marsala invecchiato (che gli inglesi hanno sempre bevuto come aperitivo), il quale però fa letteralmente scintille con un carciofo cotto, con una pasta alle sarde o con delle fettuccine alla bottarga, uva passa e finocchietto. Analogamente la Vernaccia di Oristano si sposa a meraviglia con la bottarga di muggine. E siamo passati agli abbinamenti per contrasto: più difficili, più stimolanti. È noto come i “muffati” amino il foie gras (scaloppa o terrina) e come la maggior parte dei passiti bianchi (aromatici di montagna, recioti di collina, torcolati e torchiati, ramandoli e picolit, malvasie e albane, sciacchetrà e vinsanti) convolino letteralmente a nozze con i formaggi (grassi e meno grassi, stagionati e piccanti, sapidi ed erborinati, di vacca, capra e pecora). Per tacere dei passiti rossi (Brachetto, Moscato Rosa, Aleatico, Refrontolo e Raboso Passito, Sagrantino o Primitivo), che hanno un in più da aggiungere: il tannino. Bisogna solo trovare le corrispondenze in rapporto al vino che si sta per servire o che, meglio ancora, si conosce. Non è sufficiente enunciare una tipologia: per ottenere l’abbinamento ottimale è necessario conoscere l’interpretazione del singolo produttore, le caratteristiche del suo vino. In ogni caso è opportuno evitare di servire i vini dolci in bicchieri piccoli che ne penalizzano l’espansione olfattiva e gustativa (se ve li propongono al ristorante, mandateli cortesemente indietro), optando invece per calici più ampi che permettono un’adeguata ossigenazione, valorizzando al meglio l’ampia gamma aromatica del vino. È altresì opportuno non servirli a temperature superiori ai 12 °C, oltre le quali il vino fa emergere lo “spirito” ovvero l’alcol, che tende a coprire tutte le fragranze dell’olfatto, e rende più percepibile la sensazione dolce al palato. I vini passiti vengono spesso definiti “da meditazione”. Portano con sé il gusto della riflessione solitaria o della convivialità: hanno viscosità e complessità, profondità e persistenza per accompagnare il piacere del pensiero o del simposio. Se davvero non sapete come abbinarli (sono loro il vero dessert), il problema è presto risolto: godeteveli e basta. atout