Le parole del vino Sfatare una serie di luoghi comuni relativi al vino e alla degustazione Fabio Rizzari Giunti Editore
copertina di Le parole del vino

PREFAZIONE

Se sono sobrio la gioia mi è nascosta da un velo, la mia mente non ha più coscienza da ubriaco. Ma c’è un momento solo, fra sobrietà ed ebbrezza: per quello darei ogni cosa, quello è la vita vera. 

Omar Khayyām, Quartine
I

l cosiddetto “mondo del vino”, in Italia e altrove, si muove da anni a due velocità diverse. Sfreccia su uno dei due binari l’universo della produzione, prodigo di novità anche stilistiche ed estetiche, tra ritorni a protocolli primordiali, istanze “naturalistiche” e continui progressi della ricerca scientifica applicata; quel che più conta, da questa frazione nasce una nuova versione all’anno di ciascun vino, diversa – sperabilmente – da quella precedente.

Lasciando da parte la stampa tecnica, che di rimando licenzia un buon numero annuale di guide all’acquisto più o meno ispirate, più o meno deontologicamente inappuntabili e più o meno vendute, ciò che si muove con preistorica lentezza è dall’altra parte la letteratura enoica propriamente detta. Detto in altri termini: se si dovessero contare le pubblicazioni letterariamente rilevanti uscite in Italia negli ultimi vent’anni, il calcolo si esaurirebbe ben presto. Ragione per cui fa notizia ogni nuova sortita editoriale in questo ambito di autori autentici, anch’essi presenti in numero limitatissimo rispetto al gigantismo produttivo italiano (negli anni in cui non siamo il primo produttore di vino per quantità, siamo il secondo).

Fabio Rizzari è appunto un fondamentale autore, e in quanto tale non intelligibile soltanto da sommelier, ristoratori, appassionati del tema. Il suo blog, ospitato sul sito de “L’Espresso” e dal quale sono tratti parte degli scritti contenuti nel presente volume, è tra i più seguiti della Rete nel settore, e lo è nonostante l’utilizzo ricorrente di due costituenti non esattamente “nazional-popolari”: una materia linguistica rovente, insolitamente varia e gorgogliante, screziata qua e là da tracce di autentica erudizione, e una stralunata, cólta ironia di tipo britannico, in continuo understatement, che colpisce in leggera differita e quando lo fa solletica, scuote, punge e diverte, destando curiosità e desiderio di approfondire.

Nel complesso, quella a cui vi accingete è insomma una lettura agile e lieve, ma a più livelli; sotto lo strato letterario di superficie, brillante e scanzonato, coglierete in filigrana una visione d’insieme della materia di cui si argomenta, raccontata con una padronanza, un senso della caricatura e un acume critico che nel panorama editoriale enoico del nuovo millennio non ha termini di paragone che ci sovvengano nell’immediato.


Armando Castagno