IL VINO E I CINQUE SENSI

Il saper bere fa parte del saper vivere. 

Così scriveva Émile Peynaud, uno dei padri dell’enologia moderna e autore di uno tra i più illuminanti libri sull’approccio sensoriale al vino.

“Degustare – diceva Pascal Ribéreau-Gayon, fondatore dell’Istituto di Enologia di Bordeaux – significa gustare con attenzione un prodotto di cui si vogliano apprezzare le qualità. Significa analizzare, studiare, definire, descrivere. La degustazione del vino ha lo scopo di determinare e di descrivere le impressioni che esso suscita e la sensazione d’insieme che ne risulta”.

Sempre Peynaud asseriva: “Il grande vino è un’opera d’arte in evoluzione, mai definitivamente fissata. Finge l’immobilità ed è capace di ingannare il tempo per diversi lustri. La sua finalità è di essere bevuto e di sparire insieme al piacere che procura. È sufficiente che voi possediate abbastanza bottiglie nella vostra cantina per i giorni della vecchiaia, ed esso acquista per voi l’atemporalità della scultura e della pittura o la disponibilità ripetitiva della musica e della poesia”.

Ecco che il vino, vissuto in passato come bevanda per raggiungere l’estasi spirituale, oppure come bevanda energetica o addirittura come medicina, nel corso del XX secolo ha raggiunto una nuova dimensione: non lo si gusta più per il solo piacere ma anche per valutarne le caratteristiche e correlarle ai vitigni, alla geografia, al clima e alle tradizioni.

Negli ultimi decenni si sono moltiplicati gli studi del vino come oggetto culturale complesso, ricco di ramificazioni sociologiche, filosofiche ed ermeneutiche.