Il gusto e il tatto L’esame che coinvolge i sensi del gusto e del tatto viene definito gusto-olfattivo, in quanto anche dopo la deglutizione l’interazione con gli aromi crea piacevoli armonie. L’assaggio di un vino chiama dunque in gioco tre principali famiglie di percezioni: • I sapori fondamentali, ovvero dolcezza, acidità, salinità e amarezza. • Le percezioni tattili, come l’alcolicità, l’effetto morbido, l’astringenza, il pizzicore o pungenza, l’effetto termico, la struttura generale del vino. • Le componenti aromatiche, cioè gli aromi che rimangono come ricordo dopo la deglutizione. Le diverse sostanze presenti nel vino interagiscono con le papille gustative della lingua e con il palato, producendo stimoli che vengono poi passati al cervello in forma di impulsi nervosi. Inoltre, la permanenza del vino nel cavo orale produce il suo riscaldamento, fin quasi alla temperatura corporea. Questo comporta che le sostanze odorose del vino si liberino in quantità maggiore rispetto al momento del servizio e ritornino a essere percepite per via retronasale. In questa fase gli aromi di bocca possono coincidere con quelli percepiti attraverso l’olfazione diretta, oppure differire; non sono rari i casi in cui un vino che al naso esprime aromi di frutta bianca matura manifesti aromi più agrumati e succosi una volta deglutito. Le sensazioni percepite durante l’esame gusto-olfattivo hanno la capacità di interagire l’una con l’altra. Per esempio, le basse temperature tendono ad accentuare le sensazioni di acidità, sapidità e astringenza, mentre le alte temperature esaltano la dolcezza, l’avvolgenza alcolica e l’effetto morbido. Da questo dipende la necessità di servire i vari vini a temperature differenti; basti pensare a una bibita gassata zuccherina servita alla temperatura che si riscontra in spiaggia a metà luglio: risulterà noiosamente dolce. Allo stesso modo, l’acidità accentua la sensazione astringente dei tannini, fungendo da esaltatore, cioè producendo salivazione che vedrà esaltarsi i tannini alla continua ricerca di asciugarla. Il momento in cui il vino passa dalla bottiglia al calice. L’esame gusto-olfattivo Durante il discernimento delle componenti palatali viene comunemente creata una suddivisione tra le componenti facenti parti delle morbidezze e quelle che costituiscono le durezze. Le prime sono gli zuccheri, l’alcol e gli alcoli superiori; le seconde sono acidi, tannini e sostanze minerali. La dolcezza di un vino è originata dalla presenza di zuccheri residui, non fermentati, cioè glucosio e talvolta fruttosio. A prescindere dalla quantità realmente presente, è la percezione che conta; potrebbe capitare di assaggiare un vino che contiene 150 grammi di zuccheri per litro e percepirlo meno dolce di uno che ne contiene solamente 100 grammi. Questo è dovuto all’interazione con le altre componenti; in genere il pizzicore e la salivazione generati dall’acidità distraggono dallo zucchero. • Morbidezze. La dolcezza è percepita nei primi istanti di introduzione di un vino al palato, in quanto l’intervallo di tempo prima della reazione allo zucchero è inferiore al secondo, quindi si percepisce la dolcezza prevalentemente nella parte inziale di lingua e palato. Si percepisce lo zucchero come tale quando la sua presenza è tra i 5 e i 10 grammi per litro; al di sotto di tale soglia si ha un effetto piacevolmente morbido, ma non realmente zuccherino. L’alcol dà una prima sensazione pseudo-calorica dovuta alla combinazione dell’effetto disidratante e all’iniziale vasodilatazione che esso provoca sulle mucose salivari. L’alcol è elemento centrale nella determinazione della struttura complessiva di un vino, oltre a contribuire alla sensazione di morbidezza e avvolgenza complessive. L’effetto dell’alcol si può descrivere come volumizzante; anche se non è ancora arrivato a toccare la parte finale del palato o la parte di bocca verso la gola, sembra che le abbia già raggiunte. Contribuisce a rinforzare la struttura generale del vino e attenua le componenti che fanno parte delle durezze, ossia acidi, tannini e sali minerali. Sottostimare le percezioni di dolcezza e alcolicità non deve essere vissuto come un limite del degustatore, ma come un valore aggiunto del vino. Un vino importante, strutturato, la cui etichetta dichiara 16,5% di alcol, come capita per alcuni passiti rossi secchi, Amarone della Valpolicella o Sforzato di Valtellina per fare due esempi, vede il degustatore ipotizzare un volume di alcol nettamente inferiore; questo è positivo, in quanto il vino possiede caratteristiche che non permettono all’alcol (o agli zuccheri) di essere monopolizzanti sul palcoscenico del piacere. La morbidezza del vino è una sensazione vellutata, cremosa, quasi oleosa, legata a un quantitativo piuttosto elevato di alcune componenti, quali i polialcoli; tra essi la glicerina, gli zuccheri residui e l’alcol etilico. La morbidezza è dunque una componente sensoriale molto importante nel vino, fondamentale per il suo equilibrio. Questo stimolo tattile avvolge lingua e palato come in un guscio, evitando gli effetti talvolta aggressivi di acidi e tannini. Si percepisce di più nella parte iniziale della degustazione, prevalentemente sulla parte anteriore della lingua. Le diverse fasi dell’analisi sensoriale professionale del vino conducono alla compilazione di una scheda di degustazione. • Durezze. La freschezza gustativa di un vino è una sensazione indotta dagli acidi fissi, tartarico, malico e citrico (eventualmente lattico dopo la fermentazione malolattica). Si manifesta in breve tempo generando il caratteristico pizzicore sublinguale e una salivazione fluida, abbondante, veloce nel generarsi, che tende a concentrarsi nella parte anteriore della mandibola, costringendo a numerose deglutizioni per evitare di far fuoriuscire la saliva dalle labbra. La quantità di acidi è molto diversa nei singoli vini e viene modificata, attenuandosi, durante l’evoluzione. Inoltre, la percezione di acidità può essere mitigata dall’avvolgenza dell’alcol e della glicerina. Anche la geografia e il clima interferiscono: in alcune aree particolarmente fredde o ad altitudini significative le uve, stentando a maturare, mantengono molto alto il livello di acidi, che verranno trasmessi al mosto e poi al vino. I tannini sono presenti soprattutto nei vini rossi e derivano dalla macerazione dei mosti a contatto con bucce e vinaccioli, oppure ceduti al vino dai contenitori in legno (soprattutto se nuovi o con pochi cicli di utilizzo). La tannicità dipende anche dalla genetica del vitigno utilizzato: alcuni sono famosi per possedere tannini impetuosi, come il Sagrantino umbro e il Tazzelenghe del Friuli Venezia Giulia, mentre altri sono noti per la delicatezza dei loro tannini, come la Schiava e il Groppello. Anche nei vini bianchi si possono percepire i tannini, sebbene in quantità nettamente inferiore rispetto ai rossi; ciò accade per quei vini che hanno avuto un contatto tra mosto e bucce, oppure per quelli che hanno vissuto a contatto con il legno per qualche tempo, o ancora in alcuni vini da uve molto appassite che hanno subìto una pigiatura maggiore per estrarre i mosti. Il comportamento dei tannini si manifesta con una sensazione di levigatura, asciuttezza: viene negata la salivazione ancor prima che si generi. In rapporto alla quantità e alla qualità dei tannini, l’effetto potrà svilupparsi “graffiando” la lingua oppure creando una sensazione di asciutto sulle gengive e sull’arco palatino. Anche l’effetto di una notevole quantità di morbidezze potrebbe limitare la percezione del tannino. Nel vino sono presenti quantità abbastanza ridotte di sostanze minerali, anche se il vino non contiene il classico sale da cucina. La sapidità è una sensazione piuttosto sfumata nella maggior parte dei vini, dovuta alla presenza di fosfati, solfati, cloruri provenienti dal terreno e cationi come calcio, magnesio e potassio. La loro presenza è variabile in funzione sia dell’ambiente pedoclimatico sia di alcune pratiche agronomiche ed enologiche. La sapidità si manifesta in leggero ritardo rispetto agli zuccheri e agli acidi, intorno ai due secondi dall’introduzione del vino al palato, prevalentemente sul dorso e ai lati della lingua, durante il gesto della deglutizione. È più facile percepirla nei vini bianchi poiché il tannino dei rossi tende a sovrastarla. Nei vini bianchi giovani è normale che l’acidità sia più percettibile, mentre nei vini evoluti la sapidità ha più spazio per essere apprezzata. Anche la sapidità genera salivazione, ma più lenta e posteriore. L’enologo che realizza il vino in cantina lo assaggia e degusta allo scopo di valutare il riflesso organolettico degli aspetti produttivi e la conformità con ciò che ha voluto creare. • La struttura o corpo del vino è determinata dall’insieme di sostanze disciolte nel vino, cioè le morbidezze e le durezze più una lunga serie di altre componenti, ciascuna presente in quantità infinitesimali. Il parametro che quantifica la presenza di tutte queste molecole viene definito , variabile in rapporto alla tipologia di vino e definito per legge per i vini sottoposti alla Denominazione di Origine Protetta (DOC e DOCG in Italia). L’estratto secco si ottiene portando a ebollizione e poi essiccando il residuo del vino, così da eliminare le componenti liquide, acqua e alcol, lasciando una manciatina di grammi di polveri per ogni litro di vino. Struttura ed equilibrio. estratto secco La struttura del vino viene percepita a livello tattile e si manifesta come densità; un’ipotesi sulla struttura la si può già dedurre guardando un vino perché la sua densità e viscosità permettono di ipotizzare ciò che accadrà al palato. Più molecole e componenti ha il vino, maggiore sarà la sua struttura; ecco perché è più facile riconoscere strutture significative nei vini rossi destinati a lungo invecchiamento e in vini passiti o addirittura liquorosi. L’equilibrio gustativo è rappresentato da un insieme di interazioni che avvengono al palato; inizialmente si può ragionare su un piacevole bilanciamento tra le componenti che appartengono alle morbidezze e quelle che determinano le durezze. Ciò non basta, poiché le tipologie di vino sono molte e variopinte. Basti pensare alla quantità di componenti e percezioni legate a un vino dolce passito liquoroso o a quelle presenti in uno spumante Metodo Charmat: è ovvio che il primo vino, con una notevole ricchezza in zuccheri e alcol, non potrà possedere lo stesso bilanciamento del secondo, che fa di acidità e moderato tenore alcolico i suoi elementi determinanti. Nel valutare l’equilibrio diventano fondamentali l’esperienza e il buon senso. Una volta che il vino è stato deglutito e sono state valutate e quantificate le percezioni di morbidezze e durezze, si deve giudicare la piacevole interazione di tutte le caratteristiche, senza mai dimenticare la tipologia di vino che si sta degustando. La degustazione professionale del vino segue regole ben precise e, in funzione dello scopo che si vuole ottenere, può essere fatta “in cieco”, ovvero analizzando vini resi anonimi e indicati solo da un numero. • Anche al palato si valuta la forza d’impatto del vino, la sua intensità gusto-olfattiva, generata dall’iniziale sviluppo di alcune macro sensazioni, come l’alcol e gli acidi, oppure gli zuccheri, se presenti, ma anche l’impatto di alcune molecole odorose capaci di risvegliare ricordi fin dal primo approccio al palato. Vini aromatici come il Gewürztraminer mostrano in genere notevole impatto; i vini liquorosi, per via della notevole quantità di alcol, si manifestano molto intensi. Intensità, persistenza e valutazioni finali. Una volta deglutito il vino, le varie sensazioni non svaniscono immediatamente ma subiscono un’evoluzione all’interno del cavo orale, anche per via del riscaldamento che il vino subisce durante la sosta in bocca e dopo la deglutizione. La durata del ricordo di un vino è nuovamente determinata dall’insieme delle componenti, tattili e saporifere, arricchite dalla memoria di alcuni aromi. È come se, una volta deglutito il vino, si facesse l’inventario delle caratteristiche residue e si cercasse di calcolare quando la maggior parte di esse scomparirà. Alcuni degustatori esperti, invece di deglutire, espellono il vino e questo sconcerta chi li osserva per la prima volta. Il gesto è ovviamente legato alla necessità di svolgere decine di assaggi senza andare incontro a problemi e senza affaticare troppo gli organi di senso. In realtà, qualche goccia di vino si miscela con la salivazione o viene assorbita dalle mucose, pertanto microscopiche quantità vengono ingerite. Se il degustatore ha fatto pratica a sufficienza, quel minimo quantitativo gli basterà per determinare le caratteristiche del ricordo di quel vino. Anche al palato si valuta la qualità, determinata dall’insieme delle valutazioni quantificative di morbidezze e durezze, dalla struttura, dal giudizio sull’equilibrio e soprattutto dalla lunghezza del ricordo. A tali parametri si aggiungono la piacevolezza dell’assaggio, la chiara espressività delle componenti e, ancora una volta, la rispondenza a una determinata tipologia, ovvero la tipicità. In chiusura della degustazione si valuta la qualità complessiva del vino, cioè la sommatoria delle tre indagini condotte, la coerenza tra le varie fasi della degustazione e la rappresentatività di quel vino all’interno della sua tipologia. Altro elemento molto importante è lo stato evolutivo, ovvero la capacità di quel vino di esprimere qualità nel tempo. Comunemente vengono utilizzati tre termini per valutare lo stato evolutivo: , e . giovane pronto maturo Questi termini non devono trarre in inganno; bisogna avere ben presente che possono essere completamente scollegati dall’età anagrafica del vino al momento della degustazione, mentre sono identificativi del potenziale espressivo di quel vino. Un vino viene definito quando nel complesso ha diverse caratteristiche che necessitano di tempo per garantire appieno il piacere. identifica quei vini che in degustazione dimostrano una serie di importanti e piacevoli caratteristiche, alcune delle quali potrebbero addirittura godere di un ulteriore tempo di affinamento. si utilizza quando le caratteristiche di quel vino sono al massimo del loro potenziale, a prescindere dall’età anagrafica. Può quindi capitare di valutare maturo un vino bianco molto delicato appena prodotto, poiché l’acidità sarà il principale motivo di piacere e senza di essa quel vino non sarà più al massimo delle proprie potenzialità. giovane Pronto Maturo Il degustatore professionista può essere chiamato da una cantina a valutare un prodotto o a redigerne un profilo sensoriale, che verrà utilizzato dall’azienda vinicola per comunicare le caratteristiche del proprio vino. La degustazione amatoriale, nel caso di un consumatore non esperto ma esigente, è una soddisfazione sensoriale, svolta comunque nelle condizioni ottimali per apprezzare il vino degustato.