“La birra è la prova che Dio ci ama e vuole che siamo felici”. Così asseriva Benjamin Franklin, uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti, nel 1779.
Il mondo brassicolo è storicamente di pertinenza del Nord Europa ma il XX e il XXI secolo hanno acceso i riflettori su di esso anche in Italia. Censimenti recenti indicano come tra birrifici, brewpub (che producono e somministrano birra) e beerfirm (che si appoggiano ad altri per produrre una birra secondo i propri gusti) il numero di esercizi sia prossimo a 2000.
Questo grande cambiamento ha portato a una nuova consapevolezza. Non solo gli amanti della birra, non solo i locali che tradizionalmente la somministravano (non sono mai mancati i grandi esempi), ma anche la ristorazione di vario genere si è accorta di questo cambio di passo. Sempre più spesso la proposta “liquida” aggiunge al vino diverse birre, più frequentemente in bottiglia.
Una prima grande suddivisione viene effettuata a seconda del tipo di lievito utilizzato, distinguendo tra birre ad alta fermentazione, le Ale, come le tradizionali anglosassoni o belghe, e le birre a bassa fermentazione, le Lager, dove trovano posto, tra le altre, birre tedesche famose come pils o le ambrate bock.
Non bisogna dimenticare una terza macro categoria, meno nota al bevitore medio: quella delle birre a fermentazione spontanea, come lo straordinario Lambic belga, prodotto grazie all’azione dei lieviti e batteri presenti nell’aria che aggrediscono gli zuccheri del mosto lasciato riposare in vasche aperte.