Il Friuli, una terra che non vuole rinunce. Ricordo di Bonaldo Stringher, banchiere della mia infanzia. Tristezza dei vivai.
Certo, in Friuli, tira un’altra aria.
Nel mio viaggio del vino, che ormai dura da tre anni, quante tappe avrò fatto? Forse un centinaio. E ancora non ero giunto in Friuli. Vi ero stato in un passato lontano, solo di sfuggita: in ogni modo, non per il vino. Era un tempo che bevevo più di oggi, forse, ma preferivo ebbrezze meno limpide e meno innocue. Poi, seguii quel consiglio dei saggi che ritrovo, tra altri proverbi enofili, nel bel volume di Tullio De Rosa Andar per vini:
Quando il capello tira al bianchino
lascia la donna e tieni al vino.
Ecco, in Friuli, non vale neanche questo proverbio. Terra ardente e impetuosa, dove non si rinuncia a niente. Terra dove, sebbene si vinifichi in grandissima quantità, “si beve più di quanto si vinifichi”: così mi dice Stefano De Asarta di Fraforeano, che trovo a Poggio Stringher, in casa di Giovanna di Robilant Stringher. Ardita, positiva, tenacissima, questa giovane si occupa personalmente dell’azienda agricola e vitivinicola: impara il mestiere, opera un ordinato, sistematico rilancio, dimostra qualità degne del proprio nome. Il nonno, infatti, nato a Udine nel 1854, fu dal 1900 al 1930 Governatore (ma, allora, credo si dicesse soltanto Direttore) della Banca d’Italia. Ricordo, l’ho sempre viva davanti agli occhi, la firma sulle banconote: Bonaldo Stringher. Mi pareva che quei caratteri corsivi, compatti, decisi, suggerissero diversamente da tutti gli altri fregi che riempivano l’incisione, la presenza, all’origine, di una ben precisa individualità umana, quella appunto che la calligrafia rivelava, e dunque si identificassero, in qualche modo, con la potenza del denaro: irradiando, comunicando, al solo contemplarli, una forza quasi magica. E due coppie di pini ombrelliferi, mediterranei, stranissimi in questo paesaggio, piantati da Bonaldo Stringher sul prato davanti alla villa, di qua e di là da due cipressi toscani, mi paiono, adesso, il simbolo di un Ideale Unitario che a lui, nato sotto l’imperatore Francesco Giuseppe, doveva essere caro. Nel piantarli: “Anche la nostra patria era Italia”, avrà pensato con le parole del Cattaneo, il Banchiere dei miei verd’anni.
La terra di Poggio Stringher è ghiaiosa, sparsa di pietre e di massi anche enormi, che bisogna rimuovere per piantare la vigna. Ma proprio da queste argille si producono i migliori vini: e il fatto che per lungo tempo, fino ad oggi, fossero poco sfruttate è un’altra condizione vantaggiosa: un altro auspicio favorevole alla giovane imprenditrice.
Nessun concime, nessun’opera fertilizzante, neanche la più moderna, vale, per la terra, quanto il riposo naturale: il passaggio, dopo qualche tempo, ad una diversa coltura: la rotazione agraria. Imparo questa legge ancora meglio tornando indietro, da Poggio Stringher, verso occidente e rivarcando il Tagliamento in provincia di Pordenone. A Rauscedo, visito i famosi Vivai Cooperativi: forse, in tutta Italia, i più importanti vivai di vitigni. Esportano in Jugoslavia, in Messico, in Argentina, in Venezuela, in Brasile, in tutto il mondo. Sono immense distese di terreni soltanto presi in affitto perché, se una vigna normale può prosperare anche venticinque o trent’anni, il vivaio non frutta, sullo stesso suolo, più di due.
Quando ci si abitua allo spettacolo delle vigne, sempre allegro e sempre vario, la ricognizione di un vivaio ha qualche cosa di triste. Il cuore si stringe davanti all’uniformità e al grigiore verdastro delle pianticelle, strette in serra, o all’aperto ma protette da appositi teli, o anche libere ma tutte così fitte, così ammassate, così minute, così regolari, che in nessun caso, guardandole, ci sentiamo di evocare il vino, loro ultima e vera vitalità.
Non troppo diversamente accadrebbe a chi, lungo il corridoio di una maternità, osservando le file delle piccole culle dove ordinatamente in ranghi i neonati dormono o poppano o strillano e la parete di cristallo pare ammutolirli, volesse fantasticare sul futuro di quegli esseri umani. Eppure, ciascuno sarà un individuo diverso dall’altro, ciascuno avrà la sua infanzia, la sua educazione, il suo destino. Così qui. Innumerevoli sono i tipi di vitigni coltivati. E ciascuno, trasportato in terre lontane e diverse, coltivato con diversi metodi, darà un diverso vino.