L’IMBOTTIGLIAMENTO ’imbottigliamento è indispensabile per la conservazione dei vini di pregio e, come abbiamo appena visto, per il loro invecchiamento. L L’epoca migliore per imbottigliare è il periodo che va da giugno ad agosto, quando il vino si è “pulito” delle sostanze che formavano il deposito e ha potuto riscaldarsi dopo il freddo invernale. Per eseguire correttamente l’operazione, il vino dev’essere limpido e stabile, e le fermentazioni concluse. Nella cantina familiare si usano piccole , poco costose e di facile uso. Le bottiglie devono essere adatte al tipo di vino che si deve imbottigliare e i tappi di sughero devono essere di ottima qualità. Per quanto riguarda le ne esistono di vari tipi, ognuna adatta a un particolare vino; le più comuni sono la , soprattutto per i vini rossi, la per quelli bianchi, e la . Le bottiglie devono essere accuratamente lavate, sciacquate e sgocciolate; se necessario, vanno disinfettate con una soluzione di anidride solforosa. Per il riempimento delle bottiglie si possono usare la solita canna a sifone, ma anche caraffe e imbuti. tappatrici a mano bottiglie bordolese renana borgognona Si faccia attenzione a lasciare lo spazio necessario per introdurre il tappo, e fra questo e il vino dovrà rimanere un ulteriore spazio (camera d’aria) di pochi millimetri per evitare danni al vino causati dal contatto con l’ossigeno. Molta cura merita la scelta dei da usare per l’imbottigliamento. Il sughero si ottiene dalla corteccia della quercia da sughero ( ), albero presente anche in Italia in alcune regioni del Centro-Sud (Sardegna, Sicilia, Lazio, Calabria). Dev’essere di ottima qualità e ben preparato: un tappo difettoso o di cattiva qualità può danneggiare il vino, sia perché può avere una cattiva tenuta e quindi può lasciar passare aria, sia perché può cedere il caratteristico “sapore di tappo”. Per questo bisogna scegliere sugheri compatti, elastici, non troppo morbidi né troppo grandi, lunghi 40-45 mm. Solitamente i tappi di sughero si trovano dai rivenditori di articoli enologici e sono già pronti per essere usati, poiché sono già stati trattati con olio di vaselina che garantisce una perfetta tenuta. La cantina ideale per conservare le bottiglie così confezionate è un locale poco luminoso, con una temperatura costante durante tutto l’arco dell’anno (circa 15 °C) e un’umidità relativa, possibilmente attorno al 60-70%. È importante che la temperatura non scenda mai troppo al di sotto dei 15 °C altrimenti si avrebbe un’indesiderata formazione di deposito in bottiglia, formato da feccia e cremortartaro. tappi di sughero Quercus suber Le bottiglie possono essere conservate sia in piedi sia coricate; per il vino da invecchiare a lungo, in particolare, non si deve temere che il contatto con il tappo possa alterare il sapore del vino. Infatti il sughero sano e di buona qualità non dà alcun problema; è soltanto quando è scadente che conferisce al vino un gusto cattivo, ma ciò accade anche se le bottiglie vengono conservate in piedi e il tappo non viene a contatto col vino. Nelle moderne aziende vinicole, l’imbottigliamento avviene grazie all’uso di macchinari sempre più sofisticati. Dall’alto in basso: tappo di buonissima qualità da 60 mm con pochi pori, ideale per vini rossi che devono invecchiare. Tappo pressato costituito da frammenti di sughero: non ha grande elasticità e compattezza, ma à meno costoso. Tappo di etilvinilacetato: è impermeabile ed elastico. Viene usato spesso per i vini da tavola. L E ALTERAZIONI DEL VINO Fin dalle prime fasi della preparazione e durante la conservazione, il vino può venire alterato nelle sue caratteristiche organolettiche (cioè in quegli aspetti fisici che colpiscono immediatamente i nostri sensi, come il colore, il sapore e l’odore). In qualche caso, il vino può diventare addirittura imbevibile. Sono numerose le cause che predispongono a tali alterazioni, e tra queste ricordiamo: la scadente qualità delle uve (per cause sia parassitarie sia meteorologiche); un mosto con una composizione anormale; le fermentazioni irregolari; l’uso di vasi vinari in cattive condizioni (per esempio, poco puliti); l’impiego di attrezzature enologiche con parti di metallo intaccabile dagli acidi del vino; gli errori di solfitazione; i ritardi o le omissioni per quanto riguarda colmature e travasi. La correzione delle alterazioni del vino non è sempre facile, ed è preferibile quindi cercare di prevenirle svolgendo correttamente tutte le operazioni di vinificazione. A seconda delle cause e della loro natura possiamo suddividere le alterazioni del vino in: difetti, intorbidamenti (o rotture del colore) e alterazioni microbiche (o malattie). I difetti Si tratta di alterazioni che non modificano la composizione del vino, non intaccano cioè i suoi costituenti fondamentali (alcol, pigmenti, acidi ecc.), ma gli conferiscono odori e sapori sgradevoli. I più frequenti sono: - : simile all’odore delle uova marce, è un difetto che si può eliminare arieggiando il vino (eseguendo un travaso all’aria), o aggiungendo anidride solforosa (pochi g/hl); in questo secondo caso, si formerà un deposito che andrà poi eliminato. Per rimediare all’odore di idrogeno solforato si possono usare anche dei carboni attivati, reperibili in commercio; odore di idrogeno solforato - : si può eliminare arieggiando il vino; eccesso di anidride solforosa - : si ha nel caso in cui il vino sia stato a contatto con attrezzature su cui si è sviluppata una muffa, o nel caso in cui provenga esso stesso da uve ammuffite; questo odore si può eliminare trattando il vino con carboni attivati; odore di muffa - : si produce quando le botti che contengono il vino sono state in precedenza mal conservate o non bene avvinate; anche in questo caso si possono usare i carboni attivati; sapore di legno - : si ha quando il vino è stato a lungo a contatto con la feccia; è bene prevenire questo inconveniente effettuando per tempo i travasi. Comunque si può eliminare usando carboni attivati e arieggiando il vino. odore di feccia I sono sostanze naturali che hanno subìto particolari trattamenti per cui sono in grado di attirare sulla loro superficie numerose sostanze e in grande quantità. carboni attivati Vanno usati con prudenza, dato che la loro efficacia non si manifesta limitatamente alle sostanze indesiderate: i carboni possono infatti alterare, qualitativamente e quantitativamente, anche il contenuto di altri componenti del vino. La dose di impiego è variabile a seconda del tipo di vino e del tipo di carbone adottato; orientativamente si può indicare in 50 g/hl di prodotto. Il carbone va stemperato in pochi litri di vino e questi vengono poi mescolati con l’intera massa; il deposito che si forma si elimina con un successivo travaso. Questi cofanetti, originali e curiosi, sono in vendita in tutte le migliori enoteche. Merito dello studioso francese Jean Lenoir, che ha raccolto le “prove olfattive” delle dodici alterazioni più comuni tra i vini. Da cosa ha origine l’odore di tappo Se un vino sa di tappo è sicuramente alterato. Il responsabile di questo riconoscibilissimo odore è in genere una sostanza che si chiama che si forma quando le soluzioni di cloro che vengono usate per sbiancare il sughero entrano in reazione con il fenolo contenuto nel sughero; il prodotto di questa reazione è attaccato dalle muffe che si moltiplicano invisibili sul sughero - questa muffa non ha niente a che vedere con quella che a volte si riscontra sulla parte superiore dei turaccioli delle bottiglie vecchie. Esternamente un tappo colpito da TCA risulta in tutto e per tutto sano. Per questo, a partire dalla metà degli anni Ottanta il sughero viene , anche se questo non ha eliminato il sapore di turacciolo dei vini. Il motivo è che il cloro si può “nascondere” ovunque nell’ambiente e contamina il sughero anche in piccole quantità. Ma anche il sughero non sbiancato può essere colpito da tali muffe che si trovano sia nei locali delle aziende che producono tappi, sia nelle cantine di molte case vinicole. In questi casi a causare il sapore di tappo non è il TCA, ma un’altra sostanza. (TCA) TRICLORANISOLO SBIANCATO SENZA CLORO Gli intorbidamenti Gli intorbidamenti del vino, bianco o rosso, hanno origine chimica e microbica. L’alterazione che provocano non è solo visiva, ma corrisponde anche a un cambiamento nel contenuto delle sostanze fondamentali che costituiscono il vino. I vini giovani sono naturalmente torbidi e diventano limpidi maturando, una volta che sono precipitate tutte le loro impurità. Nel caso di consumo familiare questo tipo di alterazioni non crea grossi inconvenienti; ma se il prodotto dev’essere commercializzato, è necessario che sia ben limpido; bisogna perciò intervenire rimuovendo le varie cause di intorbidamento. La è un tipo di intorbidamento non grave, normale nei vini giovani. precipitazione dei tartrati Il bitartrato di potassio, che come sappiamo è un sale naturalmente presente, si trova nel vino in soluzione satura; con l’abbassamento della temperatura (in inverno, per esempio) precipita intorbidando il vino. Questa alterazione può essere temporaneamente evitata aggiungendo al vino piccole dosi di acido metatartarico (10 g/hl), il quale ha la capacità di impedire la precipitazione del bitartrato di potassio mediante un particolare processo chimico. Un altro rimedio, irrealizzabile nella piccola cantina e usato solamente a livello industriale per il costo che comporta, consiste nel sottoporre il vino a particolari e complessi trattamenti di refrigerazione. Anche lo può provocare l’intorbidamento del vino; in tal caso siamo di fronte alla manifestazione visiva di fenomeni più gravi, ovvero la malattia: l’intorbidamento avviene a causa della presenza di numerosi microbi dannosi, i quali si moltiplicano a spese dei costituenti del vino. La provoca nel vino un’alterazione della limpidezza, che è detta anche . A provocarla sono fenomeni chimico-fisici che si manifestano nel vino imbottigliato, con la formazione di deposito sulla bottiglia. Più precisamente, si tratta di enzimi ossidanti o di metalli (rame e ferro) che provocano la precipitazione di complessi colloidali contenenti le sostanze coloranti. La prova dell’aria è il metodo più semplice per stabilire se un vino è affetto da casse: si mette il vino in un bicchiere a contatto con l’aria; se dopo uno o due giorni ha cambiato colore e si è intorbidato significa che si è in presenza di casse. In questo caso è consigliabile consumare rapidamente il vino in questione. A seconda dell’agente che causa l’alterazione (enzimi, rame, ferro) si hanno manifestazioni e modi di cura differenti. Si parla di allorché il vino, sia esso bianco o rosso, esposto all’aria diventa color brodo di castagna e cambia sapore. Il fenomeno è causato da enzimi ossidanti (polifenolossidasi) che fissano l’ossigeno dell’aria alle sostanze tanniche e coloranti del vino (polifenoli). sviluppo di microrganismi rottura del colore casse casse ossidasica L’alterazione si manifesta nei vini ottenuti da uve ammuffite, ricche di questi enzimi. Essi possono essere neutralizzati da trattamenti con bentonite (50-100 g/hl), e dall’anidride solforosa che si userà in dosi rilevanti (circa 50-100 mg/l). Ricordiamo che è più opportuno prevenire l’alterazione, vinificando a parte le uve ammuffite, trattate con dosi relativamente forti di anidride solforosa. Un altro metodo curativo è la pastorizzazione preceduta da una chiarificazione con bentonite: si tratta di un procedimento usato solo a livello industriale. Si parla di quando, a contatto con l’ossigeno dell’aria, il ferro contenuto nel vino si ossida passando dalla forma bivalente a quella trivalente. Questa, nei vini bianchi, precipita come deposito biancastro intorbidando il vino; nei vini rossi, si combina invece con il tannino e con le sostanze coloranti, precipitando sottoforma di deposito bluastro. La presenza eccessiva di ferro nel mosto, e quindi nel vino, è dovuta in genere all’imbrattamento degli acini con polvere e terra nonché all’uso di attrezzature per la vinificazione con elementi di ferro posti direttamente a contatto del mosto e del vino, e quindi preda degli acidi in essi contenuti. Nei casi meno gravi, si può eliminare l’alterazione aggiungendo al vino prodotti che “bloccano” i metalli, come l’acido citrico (30-100 g/hl) o l’acido ascorbico (la vitamina C alla dose di 5 g/hl). Nei casi gravi, si deve arieggiare il vino, provocandone l’ossidazione ed eliminando, con un’energica chiarificazione, il deposito che si forma. La è un’alterazione che si verifica in condizioni opposte a quelle della casse ferrica, e cioè in assenza di ossigeno dell’aria: per esempio, nella bottiglia. Il rame presente nel vino (che può provenire da uve imbrattate da poltiglia bordolese, o da altri composti di rame usati per la difesa della vite dalle malattie) si combina con le sostanze proteiche formando un deposito che può avere aspetto diverso a seconda del tipo di vino. Questa alterazione ha la caratteristica di scomparire se il vino viene posto a contatto con l’aria; però tale iniziativa pregiudica il sapore del vino. L’alterazione può essere prevenuta, naturalmente, evitando l’eccessiva presenza di rame nel vino. La cura può essere eseguita aggiungendo i prodotti già citati per la casse ferrica, oppure eliminando le sostanze proteiche, facendole precipitare con l’aggiunta, in dosi adeguate, di bentonite o di tannino. casse ferrica casse rameica Il vino imbottigliato deve essere conservato in modo appropriato: in cantina la temperatura non deve essere soggetta a variazioni brusche (8-10 gradi ideali), e i tappi devono essere costantemente bagnati di vino, con le bottiglie mantenute in posizione orizzontale. Come si dice: “il vino vuole essere lasciato tranquillo”. Le malattie Le alterazioni dovute a incontrollate attività microbiche sono le più dannose per il vino, perché possono portare alla perdita totale del prodotto. I diversi microrganismi responsabili di queste alterazioni possono essere presenti nel vino normalmente e provengono dall’uva, dalla polvere, dai moscerini presenti nelle cantine, dalle attrezzature usate nella vinificazione. La loro azione si fa dannosa quando il vino presenta delle anomalie nella composizione, anomalie che favoriscono la moltiplicazione e lo sviluppo dei microbi. Ci sono dei vini che difficilmente subiscono le alterazioni microbiche, e altri che, invece, sono particolarmente predisposti, come quelli poveri di alcol e di acidità e ricchi di zuccheri non fermentati. Anche l’ambiente, inteso in senso ampio, contribuisce all’affermarsi delle malattie: temperature elevate, ambienti poco adatti o poco puliti ecc. È quindi indispensabile eseguire correttamente tutte le operazioni di vinificazione, a partire dall’igiene del materiale di cantina, e soprattutto da quella dei recipienti dove verrà conservato il vino. Le principali malattie sono: acescenza (e spunto), amaro, fermentazione mannitica (o agrodolce), filante, fioretta e girato. • I vini poveri di sostanze alcoliche, acide e tanniche sono fortemente esposti a questa alterazione batterica. Acescenza Gli agenti causanti sono batteri del genere : essi sono presenti sulle uve e sulle attrezzature non perfettamente pulite. L’acescenza è la più grave fra le malattie del vino; sono attaccati l’alcol etilico, gli acidi fissi, gli zuccheri, la glicerina e anche gli alcoli superiori, con formazione di acido acetico dall’inconfondibile odore, e talvolta di una pellicola biancastra sulla superficie del vino. Per la precisione, l’odore d’aceto non è dovuto solo alla presenza dell’acido acetico, ma anche a un composto che questo forma successivamente combinandosi con l’alcol: l’acetato di etile. Il vino colpito da questa alterazione, che si sviluppa in presenza di aria, può essere recuperato solo nella prima fase della malattia, detta . L’unico rimedio consiste nel far con vinaccia fresca, non torchiata, aggiungendo lieviti selezionati e metabisolfito di potassio nella misura di 10-15 g/hl. Se però la malattia ha superato lo spunto ed è già acescenza, è meglio trasformare il vino in aceto: ogni altro intervento sarebbe inutile. Acetobacter spunto rifermentare il vino • Malattia non frequente, colpisce specialmente i vini poco alcolici, poco acidi e di una certa età. È provocata da un batterio che trasforma la glicerina in un composto molto amaro (aldeide acrilica o acroleina) il quale intorbida il vino, rovinandone l’odore e, soprattutto, il sapore. Se l’alterazione avviene in bottiglia, il prodotto è irrecuperabile. L’aggiunta di acido tartarico (150 g/hl) e una solfitazione (5-10 g/hl), possono prevenire gli effetti della malattia. È comunque meglio cercare di prevenirla adottando le solite precauzioni più volte ricordate anche per le altre malattie, come vinificare a parte le uve non sane (colpite da peronospora e da muffe); pulire e disinfettare le attrezzature di cantina; usare anidride solforosa, il cui impiego ha relegato questa e gran parte delle altre malattie a una pura curiosità storica. Amaro (Bacillus amaracrilycus) • La fermentazione mannitica o agrodolce è una malattia tipica dei vini giovani e rossi prodotti nelle regioni calde. Alte temperature di fermentazione e la presenza di zuccheri residui non fermentati nel vino sono, assieme a un basso contenuto di alcol e acidità, le cause predisponenti questa alterazione, la quale consiste nella fermentazione degli zuccheri con formazione di mannite e di altre sostanze (acido lattico, in particolare, ma anche acido succinico e acido acetico). La fermentazione mannitica avviene a opera di batteri (tra cui prevale il ). Il vino si presenta torbido, con un sapore agrodolce (dovuto alla presenza della mannite e a quella dell’acido acetico). Per prevenire la malattia, si deve vinificare a temperature non eccessive, usando opportunamente l’anidride solforosa e correggendo con acido tartarico l’eventuale acidità mancante. La cura consiste nell’effettuare, ai primi accenni della malattia, una consistente integrazione dell’anidride solforosa. Fermentazione mannitica Bacterium mannitopoeum • I batteri che provocano questa malattia ( ) agiscono in assenza di ossigeno dell’aria e trasformano gli zuccheri non fermentati in sostanze (mannani, mucillagini) che conferiscono al vino un aspetto oleoso e torbido, guastando anche il sapore che diventa amarognolo. Filante Bacillus viscosus Il rimedio consiste nell’arieggiare il vino con un travaso, nell’aggiungere eventualmente anidride solforosa, e successivamente nell’operare una chiarificazione. Questa malattia si previene correggendo l’eventuale carenza di acidità del mosto, e con l’uso dell’anidride solforosa. • È un’alterazione frequente, specialmente nei vini poco alcolici. Sulla superficie del vino si forma un velo biancastro dapprima sottile, poi più spesso. Il vino rimane limpido, ma le altre sue caratteristiche organolettiche peggiorano: ha un odore meno intenso e un sapore insipido, diverso da quello del vino sano. La malattia è provocata da certi lieviti (appartenenti ai generi e altri) che si sviluppano quando il vino è lasciato a contatto con l’aria per un certo periodo. La moltiplicazione di questi lieviti avviene a spese dell’alcol e degli zuccheri residui. La fioretta si previene evitando il contatto prolungato del vino con l’aria, tenendo i recipienti ben pieni, provvedendo a periodiche e tempestive colmature, “riempiendo” l’eventuale vuoto con anidride solforosa nei recipienti di grosse dimensioni (botti). Per le damigiane è sufficiente mettere a galleggiare una pastiglia di paraffina, contenente isosolfocianato di allile. Nei bottiglioni si può coprire il vino con un sottile strato d’olio di vaselina, che si asporta al momento del consumo aggiungendo lentamente un po’ di vino e facendo traboccare l’olio in superficie. Se la malattia è aggredita tempestivamente, i danni sono poco gravi. Fioretta Candida, Pichia, Hansenula • I batteri di questa malattia agiscono nella stagione calda e attaccano l’acido tartarico con formazione degli acidi acetico, lattico, piruvico, succinico e con abbondante produzione di anidride carbonica. Non restano indenni da trasformazioni le altre sostanze fondamentali del vino (gli zuccheri, le proteine, la glicerina) e il prodotto risulta torbido, gassato (per la presenza di anidride carbonica), con sapore e odore sgradevoli. Nel vino bianco, il colore incupisce; in quello rosso, assume tonalità mattone. Si può tentare, all’inizio della malattia, di curare il vino con forti dosi di anidride solforosa (metabisolfito di potassio, nella misura di 10-15 g/hl), facendo poi rifermentare il vino con vinaccia fresca o lieviti selezionati, e operando eventualmente un successivo taglio con buon prodotto. I risultati però non sono molto sicuri, specialmente per operazioni eseguite in casa; e se il vino è fortemente malato non può nemmeno essere trasformato in aceto. La prevenzione è il metodo più efficace per evitare i danni del girato: si deve correggere l’acidità, se scarsa; impiegare l’anidride solforosa; eseguire tempestivamente i travasi; tenere il vino in ambienti freschi. Girato La muffa grigia (o Botrytis cinerea) si forma in caso di precipitazioni abbondanti, o quando è alto il tasso di umidità. Questi fattori climatici e ambientali provocano la marcescenza dei giovani grappoli. Il rimedio migliore è un prodotto antibotritico con cui trattare la pianta quattro settimane prima della vendemmia, per impedire che ne resti traccia sugli acini. Scansione colorata, con microscopio elettronico, dell’ Acetobacter, il batterio usato nella produzione dell’aceto. Questi batteri sono responsabili del deterioramento del vino. Gli Acetobacter trasformano l’alcol etilico in acido acetico, responsabile del sapore aspro dell’aceto.