L’ENOLOGIA
BIOLOGICA

Nelle prossime pagine si cercherà di fornire informazioni su come produrre vino che non solo sia genuino e buono ma che possa anche definirsi “biologico”, cioè rispondente ai requisiti richiesti da tutte quelle associazioni europee e italiane che si interessano alla diffusione delle metodologie di coltivazione e produzione degli alimenti secondo i dettami dell’agricoltura biologica.

Prima di reiniziare il nostro viaggio dall’uva al vino, cercheremo di diradare un po’ le nebbie sull’argomento “biologico”, così da conoscere quali siano l’origine e il significato dei nostri discorsi. Di per sé l’agricoltura è sempre e comunque un’attività biologica (dovendo considerare l’aggettivo “biologico” secondo il suo significato letterale e cioè quello di “relativo alla vita”), proprio perché sono vive le piante e i campi con il loro mondo popolato di macro e microrganismi.

Da molto tempo, tuttavia, in agricoltura hanno preso piede tecniche di coltivazione soprattutto chimiche che, impiantando grandi e facili produzioni, hanno perso di vista l’equilibrio di quel complesso mondo naturale che è la campagna, determinando gravi fenomeni di inquinamento e squilibrio ambientale. Uno dei primi moniti in tal senso si è avuto già all’inizio del secolo in Inghilterra, quando l’agronomo Sir Albert Howard puntualizzò l’importanza fondamentale della concimazione organica per una corretta agricoltura, dando il via al movimento anglosassone (tuttora attivo) per l’“agricoltura organica”. Sulla scia di quello inglese, anche nel resto dell’Europa (soprattutto in Germania) si sono sviluppati movimenti in difesa di un’agricoltura “pulita”, con attributi via via diversi, quali “ecologico”, “naturale”, “biodinamico”. Di agricoltura biologica si parla per la prima volta in una relazione tenuta nel 1959 all’Accademia di Francia dal professor Lemaire, eminente genetista. Tale termine si è poi imposto in Francia, tanto da essere attualmente utilizzato dallo stesso Ministero dell’Agricoltura per i cahiers de charge, cioè per quei regolamenti cui debbono sottoporsi i produttori biologici. Anche in Italia ha preso piede la definizione francese, mentre in Svizzera, nel 1972 è stata fondata una federazione denominata International Federation of Organic Agricultural Movements (IFOAM), che ha ripreso l’uso del termine “organico”. La legislazione CEE ha stabilito quali siano in ogni Paese membro le definizioni ufficiali dell’agricoltura che in Italia è detta “biologica”. L’importante è che, in ogni caso, vengano messi in evidenza gli errori e i limiti dei sistemi chimico-industriali, pur non rinunciando a tutte le possibilità di meglio operare offerte dalla scienza e dalla tecnica moderne. Crediamo sia utile sottolineare, infatti, che i metodi per una migliore produzione alimentare non sono affatto in contrapposizione con le moderne necessità di approvigionamento (tali metodi non sono responsabili, per esempio, della fame nei Paesi del Terzo Mondo); e che, semmai, sono proprio le grandi monocolture industriali causa frequente di impoverimento del suolo: proporre una corretta agricoltura significa quindi agevolare il progresso. Ma torniamo al vino, del quale desideriamo occuparci in questo capitolo in funzione del fatto di poterlo produrre e consumare come alimento genuino e come bevanda dai gusti e profumi piacevoli; per evitare fraintendimenti, ricordiamo che la legislazione non prevede la dicitura “vino biologico” tout court, bensì la dizione “proveniente da agricoltura biologica”. Ripercorreremo ora, passo dopo passo (anche a costo di ripeterci), le fasi della vinificazione familiare, con tutti i suoi argomenti fino a questo momento esposti in linea generale, per riaffrontarli in un’ottica mirata al massimo controllo, nell’uso e nella scelta, degli additivi: sempre che non si riveli possibile escluderli del tutto.