GRANDI BOTTIGLIE E GRANDE CUCINA i tempi del celebre cuoco Marie-Antoine Carême (1784-1833), gli abbinamenti cibo-vino si realizzavano sulla base di regole standardizzate: vino rosso per la carne e vino bianco per il pesce, mentre il vino liquoroso veniva riservato esclusivamente ai formaggi. Oggi sappiamo che ciò può funzionare in alcuni casi, ma resta la verità che una tale semplificazione non serve alle papille gustative. Per una migliore esperienza sensoriale, qualsiasi abbinamento dovrebbe essere basato sull’elemento più intenso e più condizionante in un piatto, che non è la materia prima come il pesce o la carne, ma spesso sono le salse, le spezie, ecc. A Dalla rilettura della cucina classica di Auguste Escoffier, cuoco vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, nasce in Francia a fine anni ’60 del secolo scorso la “nouvelle cuisine”, inventata da Ferdinand Point, successivamente divulgata dal suo discepolo Paul Bocuse. Qualche anno più tardi, in Italia Gualtiero Marchesi riprende nella sua cucina punto per punto le dieci regole di Point rafforzando i concetti con una celebre affermazione: “la cucina è scienza, e se il piatto nasce da un’idea, rispetta il principio del bello e del buono, e il cuoco ha una sensibilità artistica, allora la cucina può essere arte”. Non esistono formule scontate per abbinare un vino a un determinato piatto e se si cercano risposte nella chimica, si potrebbe non incontrare l’approvazione del cliente. Nel nuovo e attuale contesto culinario, che non segue più le rigide regole del classicismo enogastronomico, la scelta della materia prima, i tempi e le tecniche di cottura, l’alleggerimento delle salse e la cura della presentazione dei piatti, obbligano a un nuovo modo di abbinare i vini ai piatti. Quando si tratta di abbinamento, non si può far riferimento a qualcosa di rigido, di non modificabile, poiché la natura complessa del cibo e del vino e l’esperienza sensoriale che ha come base soggettiva il gusto, le regole fisse non funzionerebbero mai. Cercare di ottenere l’abbinamento perfetto, per quanto nobile possa sembrare, è inutile se non si capisce che qualunque duo si crei sarà sempre e solo un numero maggiore di opzioni eccitanti. Oggi, gli chef moderni vedono la cucina come un atelier in cui il palato è il trampolino di lancio delle loro realizzazioni, quindi qualunque cibo preparino deve essere una vera opera d’arte. Il sommelier, che ha sviluppato l’arte del gusto e le tecniche di degustazione e abbinamento, va in aiuto al cuoco in quanto sostiene che se si vuole ottenere il massimo piacere da un grande vino, bisogna berlo insieme a un piatto semplice. Infatti, per un abbinamento di successo, è necessaria la conoscenza della materia prima, degli ingredienti, del metodo di cottura, della consistenza e delle sensazioni gusto-olfattive del prodotto finale, unitamente alle caratteristiche organolettiche del vino. Prendiamo ad esempio una spigola cotta al vapore anziché al sale: lo stesso pesce si tradurrà in un gusto e una consistenza diversi e, in quanto tali, entrambi richiederanno un vino diverso. Spesso, più il cibo è strutturato, più rotondo e morbido dovrà essere il vino. Ad esempio, i cibi più speziati richiedono un vino con un minimo di residuo zuccherino che lo rende più vellutato, mentre i piatti che hanno una lunga persistenza gusto-olfattiva, richiedono un vino con una adeguata sensazione in bocca, quindi più lunga e più intensa. Potranno esserci eccezioni, perché degustando un vino, come un cibo, si va alla ricerca del piacere edonistico, che è quello della mente, in quanto la massima espressione del piacere si realizza con l’equilibrio e l’armonia delle sensazioni percepite. Se si sceglie di servire un solo vino, ci sono diversi modi per farlo apparire differente man mano che si prosegue nel pasto. Occorre innanzitutto stabilire quale sarà il piatto principale, pesce o carne, in generale, e scegliere di conseguenza il vino. Si tratta di adattare questo vino ad un piatto che lo saprà valorizzare. Bisogna anche tener conto di giocare con le temperature di servizio del vino e del suo livello ad un vino bianco: il vino, servito ben fresco, potrà essere servito all’aperitivo e sull’antipasto; lo si lascerà in seguito acquisire un po’ di temperatura nel calice, affinché possa aprirsi nel momento in cui verrà servito il piatto principale. E, per concludere, servire formaggi a base di latte caprino, poiché in quel momento il vino sarà ben ossigenato e darà un maggior valore all’abbinamento. Non sempre sarà possibile degustare un vino per ciascuna vivanda. In questo caso la scelta potrà essere ispirata ad un principio gastronomico che ritengo sia sempre valido: “il vino che si beve non deve mai far rimpiangere quello precedente”. In sintesi, un buon vino è come un libro, meglio berlo in modo consapevole con rispetto ed amore piuttosto che intorbidirsi il cervello. La filosofia dell’Enoteca Pinchiorri: grandi bottiglie e grande cucina Prima il bicchiere e poi il piatto: in poche parole si risolve così la parabola dell’Enoteca Pinchiorri che incarna in un percorso inverso quello che è il classico ristorante, all’inizio solo enoteca, poi quasi un wine bar e ora un grande ristorante e una grande enoteca. E anche un punto di osservazione privilegiato per monitorare le evoluzioni del gusto. 10-15 anni fa la flessione dell’interesse per il mondo del vino e oggi il ritorno di fiamma con i giovani protagonisti di un netto cambio di rotta. E poi sempre di più predilezione per i vini non perfetti che addirittura presentano qualche difetto, alla ricerca di un’anima, di produttori che hanno caparbiamente continuato sulla loro strada e che propongono vini che rispecchiano un territorio, che ricordano qualche cosa, che parlano al gusto e al cuore. Abbinamento come sperimentazione, non equazioni matematiche Abbinare il vino al cibo, accompagnare i piatti con il vino? Formule scontate non esistono e se si cercano le risposte nella chimica, nelle affinità elettive tra molecole, si possono poi non incontrare i favori del cliente. È tutta una questione di gusti. Lo chef azzarda un piatto, il sommelier può proporre un vino insolito, il risultato può essere sorprendente e azzeccato, ma magari no, semplicemente perché non piace. La perfezione come assoluto non esiste se non come stimolo, è questa la filosofia dell’Enoteca. Cercando la piacevolezza Ciò che rimane al di là di tutto e che non può ingannare è la piacevolezza, perché un vino può essere piacevole, anche se ha qualche difetto, ma proprio quel difetto contribuisce alla sua naturalità, alla sua schiettezza e allora ci si accosta al vino come a una persona, con pregi e difetti. E quando giudichiamo la piacevolezza di un vino, ci facciamo rientrare anche la questione dello stato d’animo in cui ci troviamo quando lo assaggiamo. I fattori che concorrono alla riuscita di un abbinamento sono diversi, piatto-vino-occasione-compagnia sono tutti elementi che a fine serata influenzano il giudizio complessivo dei nostri commensali. Per questo diventa importante sapere proporre vini non solo per la loro capacità di accordarsi a certi piatti, ma anche perché più o meno importanti, più o meno complessi in funzione di quella occasione e di quella compagnia di persone. La questione dell’abbinamento ultimamente è diventata ancora più complicata se si pensa alla cucina creativa, ai grandi chef che fanno sperimentazione e che lavorano soprattutto sulle consistenze. Spume e mousse, cibi che eravamo abituati a mangiare solidi e che ora vengono proposti liquidi, costituiscono uno shock per il palato che a questo punto non riesce più ad accettare il vino. Nel piatto c’è già troppo. Vini tipici e sapori tipici in accordo L’Enoteca Pinchiorri propone vini da tutto il mondo con due carte, una nazionale e una internazionale, sapendo, per lunga esperienza nel settore, che i vini nascono anche in base alla cucina del territorio, i vini sono in funzione di quella speciale cucina. Non per niente gli abbinamenti dei vini piemontesi con i piatti della cucina piemontese sono eccellenti, poi ci sono i matrimoni che si possono fare dopo con altri vini non necessariamente del territorio. Ma, visto che anche i piatti tipici propongono sapori diversi rispetto a cento anni fa, ora un piatto regionale può essere abbinato a un vino straniero. L’impostazione nella cucina dell’Enoteca è che i vini vengano scelti in funzione dei piatti. Dopo avere assaggiato i piatti si predispongono una decina di vini che siano in quantità sufficiente per l’abbinamento con ciascun piatto. E quando crea, lo chef non deve sentirsi limitato nell’uso degli ingredienti, la cantina è abbastanza ricca per riuscire ad azzeccare il matrimonio più adatto. Sarà poi il sommelier a cercare il vino giusto. Un sommelier per sapere e per azzardare Il ruolo del sommelier è fondamentale in Enoteca, di lui c’è bisogno per proporre i vini poco conosciuti o che la clientela non vuole perché non è abituata a degustare. Quando si tratta di un menu degustazione, poi, non tutti accettano di bere troppi vini. Il sommelier dovrà quindi ricorrere alle parole, alla fantasia e a un po’ di psicologia. Chi viene all’Enoteca sa di trovare una carta mastodontica, una cucina eccellente, quadri e affreschi d’autore, sa di trovare altresì una carta delle acque che ci dissetano, ma anche si armonizzano con tutti gli altri elementi presenti in tavola. Il cliente di oggi è molto informato, a volte arriva già con in mente un vino, ma chiede un consiglio sull’annata, oppure, sebbene informato, può sentirsi spaesato di fronte a una proposta così ricca, e allora il sommelier lo aiuta, in lui il cliente deve trovare tutte le risposte. Dal canto suo anche il cliente può indicare al sommelier se vuole bere qualche cosa di classico, di tipico, oppure di nuovo, magari anche un’altra bevanda che non sia il vino e che può andare bene con quel piatto. Se il cliente è un assiduo dell’Enoteca gli si può fare provare qualcosa di alternativo come per esempio il sakè, ma questo quando esiste una confidenza consolidata. Alessandro Tomberli, direttore di sala dell’Enoteca Pinchiorri.