MINESTRE E ZUPPE er noi italiani i primi piatti rappresentano senza ombra di dubbio la portata che caratterizza i nostri menu e della quale non potremmo proprio fare a meno. In genere, soprattutto nei ristoranti, i più apprezzati sono i primi “asciutti”. Mentre le minestre e le zuppe, che appartengono alla nostra tradizione popolare e alla cucina povera dei nostri avi, e che sono state a lungo rifiutate, vengono oggi considerate a tutti gli effetti un primo piatto “moderno”. Che siano “di magro” o più sostanziose, meritano comunque di essere riscoperte per le interessanti caratteristiche organolettiche e per il buon valore nutritivo. P “Poca a chi non trovandosi nella pienezza delle forze né in perfetta salute ha bisogno di un trattamento speciale, poca minestra a coloro che avendo la tendenza alla pinguedine ne vogliono trattenere lo sviluppo, poca minestra e leggera nei pranzi di parata se i commensali devono fare onore alle varie pietanze…”. Con queste parole Pellegrino Artusi, nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891), introduceva il capitolo sulle minestre. E sono parole che fanno pensare, innanzitutto a minestre connotate non certo dalla leggerezza, come invece capita oggi quando la minestra, anche al ristorante, è spesso equilibrio sottile di sapori e di consistenze, cibo preparatore a un dopo magari più ricco, ma anche diffusore di aromi e profumi. La caratteristica delle zuppe sta nella presenza del pane, la differente tipologia del quale determina il diverso gusto del piatto. Artusi e le zuppe La distinzione dell’Artusi fra “minestre in brodo” e “minestre di magro” pare oggi dimenticata. Nelle prime compare appunto il brodo, spesso con le uova lasciate nel piatto a diventare stracci e il formaggio. Nelle seconde gli ingredienti vengono cotti nell’acqua, le uova scompaiono e magari anche le fette di pane. Il pane è un ingrediente immancabile delle zuppe artusiane e non a caso, visto che il termine zuppa pare derivi dal gotico “suppa” e cioè fetta di pane, su cui veniva versato il brodo. Zuppe di questo tipo erano a base di brodo di carne preparato a parte, espressione dell’opulenza borghese di inizio Novecento. In Europa la zuppa è più diffusa al Nord dove si trova in mille varianti ed entra in ogni menu. In genere è accompagnata dal pane, sostituto della pasta nei menu d’oltralpe. Le zuppe nordeuropee hanno trovato una compagnia perfetta nelle birre, spesso corpose, prodotte in tali Paesi. In Italia la minestra rimanda a una cucina tradizionale, dove gli avanzi della casa entrano senza troppe sottigliezze, anche con l’aggiunta di un bicchiere di vino, a insaporire il piatto, come nell’emiliana minestra al Lambrusco o nell’altoatesina Weinsuppe. Ma vi sono anche citazioni importanti: le Campbell’s con i loro caratteristici barattoli sono state celebrate da Andy Warhol, mentre nel film Il pranzo di Babette la famosa cuoca parigina offre ai suoi ospiti un consommé… certo un po’ particolare visto che si tratta di un consommé di tartaruga. Ci sono poi le zuppe cinesi, ricche di fascino per quella sorta di mistero esotico che portano con sé.