I CEREALI cereali sono piante annuali, appartenenti alla famiglia delle graminacee, caratterizzate da una grande adattabilità e possibilità di coltivazione. In base a numerosi reperti archeologici si può ragionevolmente affermare che le graminacee costituiscono la specie vegetale su cui l’umanità ha sempre basato la propria alimentazione. I cerali sono, a tutt’oggi, la base alimentare di buona parte della popolazione mondiale, in particolare degli abitanti delle zone mediterranee. I Fra le divinità dell’antica Grecia era tenuta in gran conto Demetra, considerata protettrice della fertilità e ispiratrice delle tecniche agricole. Demetra veniva rappresentata con una folta capigliatura formata da messi dorate. La medesima dea, con caratteristiche analoghe e con il nome di Ceres faceva parte anche del pantheon dell’antica Roma. Dal nome latino della dea venne chiamato cerealis tutto ciò che ad essa era ricondotto: per esempio (il grano mietuto), (il pane). cerealis culmus cerealia munera A tali denominazioni risale quella di “cereale” abitualmente utilizzata in italiano, che trova un riscontro anche in altre lingue quali il francese céréale e l’inglese cereal. Dal punto di vista alimentare i cereali sono costituiti principalmente da glucidi, che garantiscono un elevato apporto calorico, ma sono scarsi di proteine e poveri di grassi; hanno un discreto contenuto di fibre che migliora notevolmente nel caso vengano utilizzati con la parte esterna del frutto, come prodotti “integrali”. I principali tipi usati per l’alimentazione umana sono: grano o frumento, riso, mais, orzo, miglio, avena, segale, farro. Il grano o il frumento È il cereale più coltivato in Europa ed è l’elemento base della cucina di molte popolazioni: pane, pasta, focacce e altri composti o impasti sono ottenuti dalle farine di frumento e hanno nutrito e sfamato miliardi di persone. È stato calcolato che il frumento garantisce circa un quinto delle calorie consumate dall’umanità. Per questa sua prerogativa il frumento è considerato il re dei cereali. Il grano si divide, principalmente, in due grandi varietà: il tipo “tenero”, coltivato al Nord dove il clima è particolarmente umido, e il tipo “duro”, coltivato nel Meridione dove il clima è secco. Dalla macinazione del grano si ottengono gli sfarinati. Nel nostro paese con il termine sfarinati si indicano i prodotti ottenuti macinando il frumento: dal grano duro, leggermente più ricco in proteine, si ottengono le semole e i semolati utilizzati, soprattutto, per la fabbricazione della pasta e, dal grano tenero, più ricco di amido, si ricavano le farine 00, 0, 1, 2 e integrale, adatte alla produzione di pane e prodotti da forno. Nella gamma degli sfarinati si sta recuperando l’uso della farina integrale, più grezza e ricca di fibre, utilizzata anche per la preparazione di prodotti dietetici. Il riso Il riso è uno dei cereali più importanti per l’alimentazione umana e costituisce, ancora oggi, l’alimento base per molte popolazioni. Si dice che Alessandro Magno abbia introdotto il riso in Europa intorno al 300 a.C., ma fu solo nell’VIII secolo che i Berberi cominciarono a coltivarlo in Spagna. In Italia la risicoltura viene introdotta nel Regno delle Due Sicilie nel XV secolo dagli Aragonesi ed è questo il motivo per cui nel Meridione d’Italia, nonostante non vi sia la tradizione di coltivare del riso, si realizzano piatti tipici a base di questo prodotto, come gli “arancini” e il “sartù”. La coltivazione del riso, a causa della bassa redditività, fu abbandonata nelle regioni meridionali e si sviluppò nella Valle Padana, un territorio ricco di acqua per irrigare, elemento fondamentale affinché la risaia sia produttiva. Esistono circa 2500 varietà di riso, alcune delle quali sono rosse, blu, violacee e nere, ma dal punto di vista commerciale c’è una sola distinzione importante. Il riso del tipo sativa indica, come il Patna e il Basmati, che ha grani lunghi e con la cottura tende a sfaldarsi, a rimanere asciutto e con chicchi facilmente separabili, e il riso del tipo sativa japonica che ha grani corti, perlacei, semitrasparenti, che hanno una buona capacità di assorbire i liquidi di cottura. In Italia si coltiva principalmente la varietà japonica di cui si distinguono quattro classi commerciali: comune, semifino, fino e superfino. Questa suddivisione non deve trarre in inganno, perché non rappresenta in alcun modo una scala di qualità, ma indica solo prodotti con caratteristiche differenti da utilizzare per differenti preparazioni. Dopo la raccolta e prima della commercializzazione il chicco di riso viene sottoposto a una lunga serie di operazioni di pulizia e lucidatura, per liberarlo dalle parti esterne tegumentali e migliorarne la conservabilità a scapito però del contenuto in sostanze nutritive. Un tipo di riso introdotto in tempi relativamente recenti, e caratterizzato da un maggiore contenuto di sostanze nutritive, è il tipo parboiled, che viene sottoposto a trattamenti termici che ne riducono il tempo di cottura e gli danno caratteristiche organolettiche tipiche. Riso con gamberi e verdure, tipico della cucina asiatica. TIPOLOGIE E USI DEL RISO tondeggiante, lunghezza inferiore a 5,4 mm; ricco di amidi, conferisce particolare consistenza alla pietanza Riso comune: Balilla, Selenio, Cripto, Ticinese Varietà: minestre in brodo, timballi e dolci Preparazioni: tondeggiante, lunghezza max 6,4 mm; ricco di amidi, conferisce particolare consistenza alla pietanza Riso semifino: Lido, Rosa Marchetti, Alfa, Padano, Vialone nano, Maratelli Varietà: minestre in brodo, timballi, supplì e risotti all’onda Preparazioni: struttura vitrea con lunghezza superiore ai 6,4 mm; scarso di amido Riso fino e superfino: Arborio, Baldo, Roma, Carnaroli Varietà: risotto con pesce, paella alla valenciana Preparazioni: Il mais Questo cereale è coltivato in grandi quantità sia per l’alimentazione zootecnica sia per l’alimentazione umana e per la produzione di distillati. Nel corso degli anni il mais ha subito trasformazioni genetiche tanto radicali da renderlo completamente differente da progenitori come il “teosinte”, una graminacea raccolta dai primi cacciatori-raccoglitori che per cibarsene la dovevano prima sbramare e poi tostare. In Italia i primi a coltivare il mais furono gli agricoltori veneti, verso il 1554, e da lì si diffuse, non senza difficoltà, nei territori della Repubblica Veneta e successivamente in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana. L’apparente somiglianza tra la pianta del sorgo e quella del mais è stata causa di frequenti equivoci; infatti in Veneto il mais è chiamato sorgo turco e formentòn; in Toscana grano turco e grano siciliano; nel Meridione grano d’India; in Piemonte, Lombardia e altre zone del Nord mélega, mérga, melgòn, melgott, melgù, melgazz, tutti nomi derivanti dal latino milica, equivalente a sorgo o saggina. L’altro termine curioso è “granoturco” che non voleva indicare la provenienza da quel paese quanto un’origine straniera, esotica. I tipi di mais oggi coltivati sono circa cinquanta e si distinguono tra quelli a maggiore produttività, destinati all’alimentazione animale, e le varietà vitree e semivitree con semi tondi o uncinati destinati alle preparazioni alimentari. Può essere consumato sia come pannocchia lessata o grigliata, sia sotto forma di fiocchi per la prima colazione, o “pop corn”. Il maggiore impiego è dato nelle farine prodotte in diverse granulometrie e utilizzate per la polenta e per pane e biscotti dolci. Le farine di migliore qualità si ottengono utilizzando miscele di granoni vitrei pregiati che danno alla polenta maggiore consistenza, un gusto fragrante e un colore giallo oro. Se si usano invece mais semivitrei o farinosi e fioretti, il colore della polenta sarà giallo scarico e il sapore poco intenso. L’orzo Questo cereale aveva una grandissima importanza economica già nell’antichità, infatti l’orzo era coltivato in molte regioni sin dall’epoca preistorica. Ha un contenuto molto alto di fibre e ha la caratteristica di rigonfiare molto in acqua, viene usato quindi in zuppe e minestre. È commercializzato in forma “decorticata” o “integrale”, di cottura assai lunga e che richiede un ammollo preventivo, e in forma “perlata”, cioè sottoposta a un trattamento simile a quello del riso prima della commercializzazione, che ne abbrevia il tempo di cottura. Dall’orzo tostato e ridotto in farina si ottengono bevande solubili a base di latte o acqua, alternative al caffè. Il farro veniva coltivato già in epoca romana e, sotto forma di chicchi, è usato per la preparazione di zuppe di verdure. L’avena A giudicare dalla sua composizione, l’avena sembrerebbe il più nutriente fra tutti i cereali. Sfortunatamente, per l’uomo è poco digeribile a causa di uno strato superficiale di cellulosa molto aderente e compatto, resistente ai succhi gastrici. Esistono però tanti modi per renderla più adatta all’alimentazione umana; per esempio, trasformarla in fiocchi oppure macinarla e ottenere della farina con cui si preparano il porridge e altri piatti largamente utilizzati nei Paesi del Nord Europa. La segale La segale, o segala, viene prevalentemente destinata all’alimentazione umana, anche perché la farina che da essa si ricava è adatta alla panificazione. Di solito ha un colorito bruno scuro poiché nella sua preparazione è consuetudine lasciare un’alta percentuale di crusca (per ottenere farina bianca la percentuale di scarto è elevatissima). Il farro Il farro è una pianta erbacea della famiglia delle graminacee simile al frumento, al quale probabilmente ha dato origine, largamente utilizzata in epoca romana (un sacchetto contenente alcune razioni di farro era in dotazione a ogni soldato delle legioni romane), medioevale e rinascimentale come testimoniano i ricettari dell’epoca. Oggi viene ancora coltivato nella Garfagnana, in Umbria, nelle Marche e nell’Alto Lazio. Il farro offre, infatti, una farina integrale che, pur essendo assai ricca di fibre, ha un sapore molto gradevole, e viene usato anche in chicchi per la preparazione di zuppe di verdure. Il miglio È usato nell’alimentazione umana da tempi antichissimi ed è tuttora molto usato nei paesi africani e in quelli asiatici, mentre nella nostra cucina lo è assai meno. Ha la caratteristica di essere privo di glutine e, quindi, non adatto alla produzione di pane e prodotti da forno.