Vini spumanti

Un discorso a parte meritano le uve destinate alla spumantizzazione per la produzione sia di metodo classico che di metodo Martinotti o Charmat.

Diverse sono le uve che possono essere spumantizzate. In Oltrepò un ruolo primario riveste il pinot nero, vitigno molto versatile che trova in questa zona un terroir di eccellenza.

Le uve destinate alla spumantizzazione si vendemmiano per prime, in modo da mantenere la giusta acidità.

Dopo la pressatura soffice e la fermentazione a bassa temperatura per conservarne i profumi, a inizio primavera il vino viene imbottigliato in bottiglie apposite, atte a sopportare l’elevata pressione che il vino svilupperà rifermentando in bottiglia.

Le bottiglie sono tappate con tappi a corona, sotto il tappo vi è un cilindretto in plastica detto bidule. Il vino viene quindi lasciato riposare sui propri lieviti per periodi diversi a seconda della filosofia aziendale.

Le bottiglie sono quindi gradualmente “messe in punta” per favorire la discesa dei sedimenti verso il tappo.

I sedimenti si accumuleranno gradatamente nella bidule. Si procederà quindi alla “sboccatura” per la fuoriuscita dei medesimi: il collo della bottiglia viene congelato, quindi si procede alla stappatura.

Fuoriuscito il materiale accumulatosi sotto il tappo, la bottiglia è immediatamente ritappata.

Prima della ritappatura potrà essere aggiunto il cosiddetto “liqueur d’expédition” che caratterizzerà il futuro spumante e che è segreto per ogni azienda.

Dopo la sboccatura il vino riposerà in cantina per un tempo variabile.

Altrettanto validi sono gli spumanti prodotti con metodo Martinotti.

In questo caso, dopo la pressatura soffice, il mosto viene messo a fermentare a temperatura e pressione controllate in autoclave, per periodi variabili dai 30 agli 80 e più giorni.

Il vino sarà così pronto per l’imbottigliamento e la vendita.