

Vite e vino nell’alto medioevo: la rinascita di una cultura vitivinicola
Il ruolo del vino tra religione, commercio e società nel medioevo

La crisi della viticoltura dopo la caduta dell’Impero Romano
La fine dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C. segnò un periodo di grande instabilità politica, economica e sociale. La viticoltura, che era stata un pilastro fondamentale dell’economia romana, subì un duro colpo a causa delle invasioni barbariche e della progressiva ruralizzazione dell’Europa.
Durante l’epoca romana, il vino era una delle merci più commerciate, grazie a un’efficiente rete di trasporti e a una produzione organizzata in vaste villae rusticae. La caduta dell’impero portò a una frammentazione del territorio, con la conseguente riduzione degli scambi commerciali e il declino della produzione su larga scala.
Le popolazioni germaniche che si insediarono nei territori dell’ex Impero Romano non avevano una tradizione vinicola consolidata. Le loro bevande principali erano la birra e l’idromele, prodotte con cereali e miele. Di conseguenza, in molte regioni l’interesse per la coltivazione della vite diminuì, e i vigneti furono abbandonati o convertiti ad altre colture più facili da gestire.
Nonostante ciò, il vino non scomparve del tutto. La sua importanza nella liturgia cristiana fece sì che la Chiesa ne promuovesse la conservazione e la produzione. Il vino era essenziale per la celebrazione dell’Eucaristia e, di conseguenza, la coltivazione della vite divenne una priorità per le comunità monastiche, che assunsero un ruolo cruciale nella sua sopravvivenza durante il medioevo.