La storia...Tra realtà e leggenda
Bollicine sì, bollicine no
NASCITA CONTROVERSA DELL’EFFERVESCENZA
Un po’ di chimica per iniziare
Per capire meglio ciò che capitò, vi chiedo di accompagnarmi per un breve e (garantisco)
indolore viaggio dentro la chimica parlando di fermentazione alcolica.
Definiamo fermentazione il lavoro che svolgono alcuni microorganismi, chiamati lieviti, in presenza di zucchero. Essi ne sono molto ghiotti e mangiandolo producono, come sostanze secondarie, alcool etilico e anidride carbonica.
Definiamo fermentazione il lavoro che svolgono alcuni microorganismi, chiamati lieviti, in presenza di zucchero. Essi ne sono molto ghiotti e mangiandolo producono, come sostanze secondarie, alcool etilico e anidride carbonica.
Per avere un punto di riferimento, ecco la formula standard della fermentazione che ci aiuterà a capire meglio quello che avviene nelle profondità molecolari; non spaventatevi, è più semplice di quanto si creda.
C6H12O6 → 2 CH3CH2OH + 2 CO2
In partenza abbiamo una molecola di zucchero, il glucosio, dalla formula C6H12O6:
il meritorio lavoro del lievito sarà di smontarla e, con i pezzi ricavati, costruire due molecole di alcool etilico e due di anidride carbonica. Anche per chi non ha dimestichezza con la chimica è facile fare due conti e accorgersi che, a fronte di 6 molecole di carbonio (simbolo C), 12 di idrogeno (simbolo H) e altre 6 di ossigeno (simbolo O), ci ritroviamo alla fine con 12 molecole di idrogeno, 6 di carbonio e 4 di ossigeno. Insomma, il nostro lievito ha fatto l’utilissimo lavoro della fermentazione accontentandosi di due molecole di ossigeno.
Va da sé che mentre l’alcool rimane nel vino, l’anidride carbonica, essendo un gas, vola via.
Questo lavoro di conversione non potrà andare avanti all’infinito, ma continuerà fino quando i lieviti avranno convertito tutto lo zucchero in alcool; poi, non avendo più nulla da fare, smetteranno di operare e si godranno la meritata pensione, lasciandoci un liquido alcoolico che, se l’uva di partenza era buona e le condizioni igieniche sufficienti, potremo serenamente chiamare vino.
Questo lavoro di conversione non potrà andare avanti all’infinito, ma continuerà fino quando i lieviti avranno convertito tutto lo zucchero in alcool; poi, non avendo più nulla da fare, smetteranno di operare e si godranno la meritata pensione, lasciandoci un liquido alcoolico che, se l’uva di partenza era buona e le condizioni igieniche sufficienti, potremo serenamente chiamare vino.
Ma abbiamo fatto i conti senza l’oste (la metafora ci stava).