Con la caduta di Napoleone si indebolì, almeno per il momento, lo spirito rivoluzionario che aveva animato l’Europa per poco più di vent’anni e l’unico desiderio dei potenti era di far tornare tutto come prima: non a caso questo periodo storico viene chiamato Restaurazione. Tutto iniziò con il Congresso di Vienna, dove le commissioni dei vari stati si riunirono per riscrivere i confini e gli equilibri di potere. Ci impiegheranno ben 7 mesi: d’altronde non fu facile far dimenticare concetti, per alcuni assai pericolosi, come libertà e uguaglianza, che la Rivoluzione aveva veicolato a tutte le classi sociali. Bisognava mettere in piedi un grande gioco di compromessi i quali, come si sa, richiedono il loro tempo per essere raggiunti.
Immaginate però tutti i grandi nomi d’Europa, spesso portatori di corona, per 7 mesi assidui frequentatori di Vienna, una delle città più belle e accoglienti dell’epoca, senza problemi di nota spese e con molto tempo libero per fare a gara nel mostrarsi ospitali (leggi ostentare ricchezza) verso i pari grado stranieri. Tutto questo può essere condensato nella frase del principe Lothario: “Le Congrès ne marche pas, il danse”. La traduzione credo sia superflua.
E in tutto questo movimento di feste, pranzi, cene e incontri era inevitabile che fiumi di Champagne bagnassero quel tentativo di ridisegnare la mappa continentale. In questo modo, tutta l’Europa importante per l’epoca, conobbe a fondo il prezioso vino e ne fece buona pubblicità. Infatti, dopo il Congresso di Vienna, tre elementi favorirono l’ascesa dello Champagne: stabilità politica (almeno per il momento), quantità di denaro circolante e la facilità di comunicazione che lo rese conosciuto a tutte le latitudini del continente. Il risultato? Se prima della Rivoluzione esistevano solo 10 produttori di Champagne, nel periodo che va dal 1814 al 1870 i produttori diventeranno oltre 300, segno che il modesto mercato dell’inizio era diventata una ricca torta da spartire.