ABBINAMENTO
La concezione del vino di qualità come avrete capito è molto complessa e riassume un universo di situazioni, fattori, variabili che vanno dalla vigna
alla cantina e arrivano fino al calice durante la degustazione.
Un vino di qualità generalmente può essere espresso come un vino che, all’interno della propria tipologia (rosso, bianco, dolce, spumante), presenta le
caratteristiche organolettiche tipiche del vitigno con il quale è prodotto, ma che si differenzia al tempo stesso dagli altri in quanto a
caratteristiche peculiari derivanti dal terroir nel quale è coltivato o per particolari vinificazioni e affinamenti utilizzati sempre in
un’ottica di un risultato di equilibrio e armonia.
Tutto questo deve essere poi accostato al vero motivo per il quale il vino è prodotto: l’abbinamento con la cucina.
Ho lasciato questa parte alla fine poiché ci sono numerosi libri a riguardo e questo, come accennato, non si pone come obiettivo principale quello di
trattare l’ambito dell’abbinamento cibo-vino.
È un ambito meraviglioso quello del vino e degli abbinamenti solo che servirebbe minimo un altro libro per parlarne in maniera completa per cui mi
limiterò a presentare solo alcuni fattori principali ai quali si fa riferimento quando si parla di abbinamento cibo-vino.
L’Italia è terra di un numero impressionante di sommelier (almeno sulla carta) e il loro scopo ultimo teoricamente è sempre quello di Veronelli ovvero
quelle persone che devono fare in maniera che “Il sapore di un cibo, quasi sempre, scopre le qualità di un vino e le esalta; a loro volta le qualità di
un vino completano il piacere di un cibo e lo spiritualizzano… Un cibo, un vino; uno, qui, ben determinato, con uno altrettanto bene determinato. Come
succede nei matrimoni, tra vini e cibi esistono incompatibilità di carattere; vanno quindi sposati con giudizio”.
In altri paesi questa fissa dell’abbinamento non è così forte perché il vino è bevanda per vari momenti della giornata e non solo durante i pasti.
Le regole ufficiali e non ufficiali sono innumerevoli, ma non sono mai rigide perché la complessità di preparazioni culinarie è talmente vasta da non
permettere regole scolpite nella pietra. In linea di principio un piatto di poca struttura o consistenza come una minestra, un brodo o del crudo di
pesce ovviamente non potrà essere valorizzato da un rosso corposo e tannico che riduce la nostra salivazione e ci impedisce di apprezzare le note
delicate del piatto. Al contrario proporre su un pezzo di carne, magari di lunga cottura, dalla grande succulenza un vino leggero bianco o una bollicina
è intuitivamente controproducente.
In mezzo a questi estremi esistono tante modalità di abbinamento che seguono l’estro e la disponibilità del momento, la ricetta che possiamo preparare
con quanto abbiamo in frigo e la voglia che abbiamo di aprire una bottiglia. Se stasera abbiamo voglia di bollicine, un grande Franciacorta, uno
Champagne o un Lambrusco (o una bollicina in genere), dobbiamo forse rinunciarci perché non abbiamo un gamberone a disposizione?
O se è il momento di un grande Barolo, Brunello o un Chianti Classico, dovremmo forse rimetterlo in cantina perché non abbiamo un cinghiale pronto da
cucinare? Se si vogliono raggiungere sfumature e note particolari che creano suggestioni e sapori nuovi, spesso inaspettati dobbiamo ricordare che
spesso i migliori abbinamenti nascono proprio da queste situazioni o dalle disponibilità del momento e soprattutto su intuizioni legate alle note
aromatiche principali di un piatto o di un vino.
Quindi ecco alcune piccole regole sempre valide. Cercate sempre la nota dominante di un piatto e assecondatela senza accentuarla. Vini e piatti molto
profumati si sposano bene e giocano nel nostro naso e in bocca in maniera spesso sorprendente, mentre dobbiamo porre attenzione a non servire vini molto
profumati (sauvignon, traminer) su piatti più deboli che ne risulterebbero snaturati nei loro sapori fondamentali.
Le carni provocano succulenza in bocca, soprattutto quelle rosse, quindi ben vengano vini con struttura e che in parte attenuino la succulenza con i
loro tannini.
Se c’è grassezza nel piatto che sporca il palato, ben venga freschezza, acidità ed effervescenza nel vino per pulire il nostro palato e ravvivare la
nostra degustazione.
Evitare vini secchi o con bollicine su piatti dolci sui quali il vino ha da essere principalmente dolce o amabile o al limite dotato di corpo e alcol
piuttosto elevati.
Come vedete non sono poi molte le regole, spesso empiriche e verificabili da chiunque, che dobbiamo tenere a mente per iniziare il nostro viaggio negli
abbinamenti tenendo sempre a mente che l’abbinamento perfetto crediamo non esista in maniera assoluta e soprattutto a priori, conta sempre quello che
succede in bocca al momento dell’assaggio. Nonostante tutto non sarà mai possibile definire un giudizio universale sul fatto che un vino possa piacere o
meno perché semplicemente la bontà di un vino, esattamente come quella della cucina, ha una forte componente soggettiva.
Come in vigna, dove è impossibile prevedere tutto ciò che madre natura farà accadere durante ogni annata, esattamente anche all’assaggio di un calice di
vino sarà impossibile prevedere a priori se piacerà o no a quella determinata persona.
Tutto ciò accade perché intervengono delle componenti senza le quali il vino non avrebbe grande rilevanza ed è grazie ad esse che riesce a essere
apprezzato anche dal grande pubblico: sto parlando delle emozioni.