Per fare un vino buono si parte dalla vigna.
Una frase ripetuta da molti vignaioli.
Niente di più essenziale e, allo stesso tempo, vero.
Per fare un vino buono si parte dalla vigna.
Una frase ripetuta da molti vignaioli.
Niente di più essenziale e, allo stesso tempo, vero.
La vite, come la intendiamo oggi, proviene da un processo di evoluzione che l’ha portata in milioni di anni a noi sotto il nome scientifico di
Vitis vinifera sativa: si tratta della vite dalla quale produciamo sia l’uva da tavola sia l’uva per fare vino e fa parte di una famiglia che
comprende ben 108 specie diverse.
La Vitis vinifera sativa è molto recente, essendo presente da solo 3000 anni, mentre la famiglia dalla quale si è evoluta, ovvero quella più
generica delle vitacee, esiste da oltre 140 milioni di anni. La Vitis vinifera sativa è quindi il risultato di migliaia di anni in cui si è
adattata a climi e ambienti specifici: dopo l’ultima glaciazione si è diff usa dal Caucaso alla mezzaluna fertile in Mesopotamia, dove è nata
ufficialmente la viticoltura. Qui infatti la vite non fu lasciata crescere selvatica, ma iniziò a essere allevata dall’uomo.
Numerosi popoli sono stati importanti nella storia della vite: ripercorriamo alcuni eventi storici principali approfondendo anche le differenti usanze
delle popolazioni nel consumo del vino.
I Fenici furono uno dei primi popoli, nel 3000 a.C., a permettere la diffusione della viticoltura in Egitto, Grecia, Sicilia, Spagna, Germania e Africa
Settentrionale attraverso le loro rotte commerciali, mentre dobbiamo agli Etruschi un’importante opera di diffusione della viticoltura dal sud al
centro-nord dell’Italia.
Gli Etruschi, prima che i Romani e i Greci introducessero la Vitis vinifera sativa, coltivavano un’altra sottospecie, ovvero la
Vitis vinifera sylvestris, allevata con il sistema delle alberate su alberi che fungevano da sostegno, ai quali facevano arrampicare la vite
per trovare appoggio al proprio sviluppo e per poi raccoglierne i frutti a diversi metri da terra.
I Greci riuscirono a sviluppare ulteriormente le tecniche viticole nel sud Italia con la loro viticoltura caratterizzata dalla potatura corta ad
alberello, dove la vite appare come un piccolo albero di circa un metro e mezzo di altezza, e che è tuttora presente in molte regioni come la Sicilia,
la Puglia e la Sardegna.
È grazie ai Romani che la viticoltura si è diff usa a livello europeo e il vino, fi no a quei tempi utilizzato principalmente dai ceti più agiati o
nelle cerimonie religiose, è riuscito a penetrare in tutte le classi sociali. I Romani consumavano il vino mescolandolo con spezie, aromi o miele per
essere servito in molti casi come bevanda prima di iniziare il pasto.
Gli Etruschi erano soliti consumare il vino in banchetti lussuosi, accompagnati da musica e giocolieri. In entrambi i casi, sia per gli Etruschi sia per
i Romani, il vino era associato a occasioni di festa, convivialità e spensieratezza.
Il vino dei banchetti era diluito con acqua, aromatizzato ed eventualmente addolcito per camuffare i difetti dovuti alle tecniche produttive e di
conservazione, che necessitavano dunque di essere ottimizzate.
Con i Romani, infatti, si passò dalle alberate etrusche all’allevamento vero e proprio, comparvero le prime presse e numerose opere divulgative sui
vitigni, vinificazione e pratiche di vigna avanzate rispetto ai tempi per uno dei primi passi verso una produzione di vino sempre più attenta.
Possiamo trovare descrizioni delle loro tecniche di vinificazione già in documenti del I secolo d.C.. I grappoli venivano vendemmiati molto maturi,
tramite delle falci, messi nelle ceste e portati in cantina. Il mosto ottenuto dalle uve pigiate veniva fatto fermentare in recipienti di terracotta
interrati e le fermentazioni, non essendo controllate, potevano produrre differenti gradi alcolici: proprio per questo i Romani risolvevano questo
problema effettuando dei tagli, unendo i vari vini per omogenizzarli. Al vino fi nito si aggiungevano solitamente erbe ed essenze aromatiche che
portavano alla creazione di numerosi vini aromatizzati.
Le anfore in ceramica erano utilizzate per i trasporti via mare e potevano contenere venti litri di vino ciascuna. Verso l’inizio del II secolo d.C si
passò dal trasporto in anfora a quello in botte, che poteva contenere e trasportare maggiori quantità di vino. L’evoluzione e il progresso della
produzione vinicola non furono sempre lineari e in costante sviluppo, il Medioevo portò infatti con sé un arresto anche per la crescita della
viticoltura.
Le persone iniziarono ad abbandonare le campagne e la coltivazione della vite restò quasi esclusivamente nei monasteri. I monaci si dedicarono alla
produzione del vino che poi utilizzavano per le funzioni religiose e altrettanto importante è stata la loro opera di riscrittura dei trattati di
enologia per essere poi tramandati nei secoli a venire. L’opera dei monaci fu fondamentale per mantenere viva la coltivazione della vite e conservarne
il patrimonio genetico, che altrimenti sarebbe andato perso.