CAPITOLO 1 VITICOLTURA LA VITE Struttura della vite L’organografia è la scienza che studia la struttura e le funzioni degli organi, in questo caso della vite. Gli organi principali che compongono la vite sono: le radici, il fusto, rami, gemme, foglie e grappoli. Tutto parte dalle radici, l’apparato radicale che è la struttura su cui poggia la vite e che assorbe gli elementi nutritivi nel terreno agendo anche come organo di accumulo per le sostanze di riserva durante l’inverno. Si espande lateralmente e in profondità, fino a diversi metri, cosa che permette alla pianta di resistere in periodi di carenza di acqua e di elementi nutritivi nelle zone più superficiali del terreno poiché riesce ad assorbirli in profondità. Il fusto, a differenza delle radici, è l’organo della vite che fuoriesce dal terreno e che sorregge tutte le altre parti attraverso il tronco; il fusto sorregge i rami, le gemme, le foglie, i grappoli e i viticci. Sopra il fusto troviamo le branche, rami di diversi anni che si diramano a seconda della forma di allevamento scelta dal viticoltore e che si dividono ulteriormente in tralci, ovvero rami legnosi di un anno che hanno prodotto uva l’anno precedente; contengono le gemme, che a primavera si apriranno facendo fuoriuscire il germoglio dal quale si svilupperanno i grappoli di uva da trasformare in vino una volta arrivati in cantina. Il germoglio si sviluppa dalle gemme del tralcio, dette gemme ibernanti, e si presenta come un ramo erbaceo che porta con sé sia le foglie sia i grappoli che i viticci. Il germoglio è quindi un organo fondamentale essendo lui il portatore delle foglie che svolgono la fotosintesi e dei grappoli che dovremo poi raccogliere a vendemmia. I grappoli ancor prima di essere fecondati sono presenti sul germoglio sotto forma di fi ori, mentre i viticci sono dei fi lamenti superflui che usa la pianta per aggrapparsi che derivano dal portamento rampicante della vite. L’acino ha una conformazione interna ben definita che andiamo a vedere più nel dettaglio. Ci potremo dilungare sulla conformazione dell’acino e sulle centinaia di composti al suo interno, ma, per l’obiettivo che mi sono preposto in questo libro, ci basterà sapere che la bacca è divisa in tre parti: l’esocarpo (buccia), mesocarpo (succo al suo interno) ed endocarpo (zona che racchiude i semi, detti vinaccioli). La maggior parte delle sostanze aromatiche, coloranti e polifenoliche sono contenute nelle bucce, nel mesocarpo è invece presente la parte più diluita che compone il succo del mosto del vino e infine l’endocarpo con i vinaccioli che contengono i tannini meno polimerizzati e solitamente più aggressivi al gusto rispetto a quelli che si possono estrarre dalla buccia. La foglia è un organo fondamentale essendo sede della fotosintesi clorofilliana dalla quale ricava gli zuccheri che concentrerà nell’uva. Alla base dei piccioli delle foglie troviamo attaccate le gemme. Ne esistono vari tipi per la produzione vinicola tra cui le gemme ibernanti e le gemme pronte. Le gemme ibernanti che contengono la gemma principale dalla quale otteniamo i germogli fruttiferi, schiudono l’anno successivo dopo essersi formate per cui si lasciano sulla pianta con la potatura per vederle germogliare nella stagione successiva. Le gemme pronte sono un altro tipo di gemme che invece schiudono lo stesso anno di formazione e danno origine alle femminelle ovvero germogli principalmente sterili che non danno uve da vinificare. Dalla vite si sviluppano altri organi superflui, per esempio i polloni e i succhioni, che sono dei germogli disseminati lungo il fusto, nati solitamente da gemme rimaste dormienti per anni: vengono tolti perché sottraggono nutrimento alla pianta non portando nessun beneficio immediato a livello di frutti. Non a caso ho usato il termine beneficio “immediato”, questo perché in alcuni casi i viticoltori sono soliti farli sviluppare oltre il primo anno in modo che, una volta lignificati, possano essere utilizzati come cordone principale della pianta rinnovandola tagliando la parte vecchia quando necessario. Radici, fusto, branche, tralci, germogli, fiori e grappoli sono tutte porzioni della vite che si sviluppano in base a cicli che ne definiscono il percorso durante l’arco della sua vita e delle stagioni che attraversa. Nel prossimo capitolo vedremo meglio come può arrivare a svilupparsi la vite, diventando una pianta solida e strutturata che produce uno dei frutti più affascinanti del mondo. Cicli della vite La vite è una pianta articolata e complessa, esattamente come il vino che ne deriva, in questo capitolo mostriamo tutti i cicli con le relative fasi che svolge prima di arrivare a produrre l’uva che il viticoltore trasforma successivamente in vino. La vite presenta due cicli principali: il ciclo vitale e il ciclo biologico. Sono entrambi fondamentali e descrivono due aspetti differenti e complementari del suo arco vitale. Il ciclo vitale descrive l’intera vita della pianta, dalla giovane età di una barbatella di vite appena impiantata nei primi anni fino all’età adulta. Il ciclo biologico è concentrato invece sulla fase annuale della pianta e delinea tutti i cambiamenti e gli sviluppi che la vite compie nel corso di un’intera stagione. Iniziamo a vedere come fa la vite, partendo dai primi anni, a svilupparsi in quelle che sono le varie fasi della sua vita per poi concentrarci sul ciclo biologico per capire i mutamenti che realizza all’interno dei 365 giorni della stagione. Essendo una specie arborea, la vite non è una pianta che produce un risultato immediato e quindi richiede tempo perché sviluppi; oltretutto oggi non si semina, bensì si impianta, da porzioni di pianta già esistenti denominate barbatelle. Il lavoro del viticoltore si basa su tre principi cardine: coraggio, lavoro e pazienza. Coraggio perché quando un viticoltore decide di piantare nuovi ettari si trova a dover investire anche centinaia di migliaia di euro per acquistare il terreno e per lavorarlo, preparandolo all’impianto delle future viti. In tutto questo c’è sempre il socio di maggioranza in vigna, la natura, che può nei primi anni compromettere l’investimento con gelate o grandinate facendo deperire le barbatelle quando sono ancora fragili. Lavoro perché si sa, il vino è fatica e sudore. Una volta acquistato il campo, il viticoltore deve lavorarlo con attenzione, non tralasciando nessun aspetto della preparazione, specie del suolo, perché una volta piantate le viti, è difficile recuperare eventuali errori. Pazienza perché il vino è un prodotto talmente affascinante e complesso che non può essere consumato come fosse una normale bibita, ha bisogno di tempo, attenzione e cura. Questo concetto vale sia per il suo consumo una volta in bottiglia sia ancor prima nella cura della vite per la produzione delle uve. Il viticoltore impiega, infatti, i primi tre anni a sviluppare le strutture vitali della vite, tra le quali le radici, il fusto e la forma di allevamento. Passati questi primi anni la vite, dal quarto al sesto anno, inizia a produrre le prime uve per poi rendere ancora di più costante e qualitativa la produzione dal sesto anno in poi. In realtà già dal terzo anno la vite potrebbe produrre grappoli, ma questo viene evitato perché la giovane vite non sprechi energie preziose da impiegare per lo sviluppo del suo stesso apparato radicale. La produttività sia in termini qualitativi sia di costanza diventa sempre più crescente fi no ad assestarsi, nella maturità che va all’incirca dai 15 ai 25 anni d’età. Passati i 30 anni la pianta entra nello stadio di vecchiaia produttiva e ogni viticoltore, a seconda della sua situazione specifica, può decidere se rimpiazzarla con una nuova barbatella o effettuare un rinnovo con qualche ramo secondario più giovane. Come per ogni concetto del vino anche qui si tratta di dati approssimativi: non sono rari, infatti, i casi di numerose cantine che coltivano tuttora vitigni secolari. La tendenza di oggi rimane comunque quella di tramandare le vigne storiche, ma di rinnovarle quando iniziano ad avere cali importanti di produzione che non permettono poi di sostenere i costi di gestione della vigna. Quando si parla di produttività non si parla di un concetto riferito alla sola qualità delle uve prodotte, quanto piuttosto alla costanza della produzione rispetto all’annata. Se la pianta durante i suoi primi anni di vita ha sviluppato un apparato radicale ramificato e profondo, questo permette di risentire meno delle difficoltà in annate difficili. Un esempio può essere nel caso di un’annata siccitosa, con il terreno in carenza di acqua da offrire alla pianta: se la vite in questione avesse 3 anni si troverebbe in difficoltà, avendo le radici poco sviluppate, e rischierebbe di avere delle carenze idriche e nutritive rispetto a una vite di 15 anni con l’apparato radicale ben sviluppato sia in profondità sia a livello di diramazioni che comporta maggiori possibilità di arrivare alle poche riserve d’acqua disperse nel terreno. Ogni annata è però differente e la vite, cercando di adattarsi con le proprie strutture, prova a produrre il meglio di quello che la natura gli off re in termini di terreno e di clima. Il ciclo biologico annuale si suddivide a sua volta in due sottocicli: il sottociclo vegetativo e il sottociclo riproduttivo. La pianta svolge ogni anno gli stessi cicli che le permettono si rinnovarsi sviluppando nuovi germogli nel suo sottociclo vegetativo e di produrre i grappoli nel suo sottociclo riproduttivo. Andiamo a vedere nel dettaglio le differenze tra questi due sottocicli che sono complementari e che avvengono in contemporanea. Ciclo vitale Il sottociclo vegetativo fa riferimento allo sviluppo della parte vegetativa della vite, quindi la parte verde composta dalle gemme che si aprono generando i germogli. Questi contengono i grappoli, che rientrano però nel sottociclo riproduttivo, poiché la bacca è generata dal fi ore che fa parte a sua volta dell’apparato riproduttivo della pianta. Il pianto è il primo segnale della ripresa vegetativa della vite: avviene agli inizi della primavera e consiste nella mobilitazione dalle radici di un liquido ricco di sostanze organiche e minerali ed è il segnale che a breve (circa 15- 25 giorni) avverrà il germogliamento della pianta. A seguito del pianto avviene il rigonfi amento delle gemme e, dopo l’apertura delle foglioline che le proteggono, avviene la fuoriuscita del germoglio. Il germogliamento come accennato avviene a circa un mese di distanza dal pianto ed è stimolato dalla temperatura dell’aria. Ogni pianta ha, infatti, generalmente una soglia di temperatura raggiunta la quale trova le condizioni giuste per riprendere la sua attività vegetativa dopo il riposo dell’inverno. Per la vite si considera una temperatura media intorno ai 10 °C per ottenere un germogliamento. Il periodo del germogliamento non è influenzato solo dalla temperatura, ma anche da altri fattori come l’epoca di potatura, dalla vigoria della pianta, dalla latitudine e dall’altitudine alla quale si trova l’azienda. Ci sono varie epoche di germogliamento, che cambiano da vitigno a vitigno, per cui una delle tante classificazioni dei vitigni riguarda proprio le tempistiche di germogliamento ed ecco qui sotto alcuni esempi: Sottociclo vegetativo Germogliamento precoce: sangiovese, chardonnay, merlot Germogliamento intermedio: vermentino, sauvignon blanc Germogliamento tardivo: cabernet sauvignon, cabernet franc, trebbiano toscano Sulle tempistiche di germogliamento può intervenire anche il viticoltore mediante varie tecniche come la potatura. La potatura è quell’operazione svolta d’inverno per tagliare i tralci della vite che hanno prodotto durante l’ultima annata e lasciare quelli che daranno la futura produzione nella stagione successiva. Le potature precoci per esempio portano a un germogliamento anticipato, molto utile nelle zone con autunni piovosi che rischiano in tempi di maturazione di rovinare le uve, in questo modo si riesce ad anticipare la raccolta. Le potature tardive invece ritardano il germogliamento e sono utili per allungare le maturazioni nei climi caldi dove rischiano di esser troppo anticipata e per evitare le gelate primaverili. Le gelate possono essere molto pericolose e portare a perdite notevoli di produzione. Si verificano in primavera, durante il germogliamento, con masse di aria fredda che abbassano drasticamente le temperature nella notte (anche -3°C), provocando danni consistenti in base allo stadio di germogliamento poiché in quel momento il germoglio è molto fragile. I germogli nel sottociclo vegetativo continuano la loro crescita durante la primavera fino a raggiungere il massimo di accrescimento intorno a giugno dove arrivano ad allungarsi anche oltre 10 cm al giorno. Dopo il periodo di sviluppo dei germogli, la pianta entra nella fase di agostamento che va dalla fi ne della crescita dei germogli (intorno ad agosto) e arriva fi no alla caduta delle foglie durante l’autunno. In questa fase il germoglio si trasforma da ramo erbaceo in ramo legnoso e, una volta irrobustito, prende il nome di tralcio. I germogli, mentre diventano tralci, ricostituiscono le riserve nutritive nel tronco e nelle radici per prepararsi alla stagione di riposo invernale. A partire dall’autunno inoltrato inizia il periodo di riposo della pianta, ma ancor prima, come ogni pianta durante l’autunno, avviene il cambiamento del colore delle foglie e successivamente la loro caduta. Nelle foglie si trovano i carotenoidi, sostanze responsabili del colore giallo e arancione, durante la stagione non si possono però vedere perché nascosti dal verde della clorofilla, sostanza che cattura l’energia del sole nel processo di fotosintesi. In autunno però la clorofilla diminuisce e il giallo-arancione dei carotenoidi è predominante e quindi visibile. Il motivo della caduta delle foglie è dovuto alla sintesi di un ormone che viene prodotto nelle foglie adulte quando si accorciano le ore di luce dei giorni insieme all’abbassamento delle temperature. Si forma quindi un setto di separazione e alla base dell’attacco della foglia e, ancor prima che si stacchi e cada, avviene il trasferimento delle ultime sostanze organiche che si dirigono nel fusto e nelle radici per diventare sostanze di riserva che la pianta utilizzerà alla prossima ripresa vegetativa. L’entrata nel periodo di riposo segna l’ultima fase della pianta nel suo sottociclo vegetativo dell’anno. Il sottociclo riproduttivo riguarda le fasi riferite allo sviluppo del fiore della vite che poi si trasformerà in grappolo. Il seme riproduttivo è contenuto nella bacca e quindi questo sottociclo descrive tutti quelli che sono i processi che dal fiore portano alla bacca che raccogliamo a vendemmia. In realtà come abbiamo visto in precedenza per la moltiplicazione della vite oggi non si utilizza il seme bensì direttamente una barbatella derivante da un ramo di vite già esistente. Il sottociclo riproduttivo non è separato, ma complementare, a quello vegetativo: in contemporanea con il germogliamento svolto in primavera, nel sottociclo vegetativo avviene lo sviluppo degli abbozzi fiorali nel sottociclo riproduttivo. Gli abbozzi fiorali sono dei piccoli corpi sferici compatti, attaccati al germoglio che si apriranno intorno agli inizi di giugno per la fioritura. La fioritura porterà all’apertura di questi corpi sferici mostrando la bellezza e il profumo del fiore della vite che si prepara per l’impollinazione. L’impollinazione permette al fiore di essere fecondato e trasformato nel frutto ovvero nella bacca d’uva. La bacca, chiamata anche acino, è collegata alla pianta tramite il pedicello ovvero un rametto legnoso dal quale passano le sostanze nutritive che la pianta trasferisce all’acino. Il passaggio da fiore a frutto permette alla pianta di entrare nella fase dell’allegagione e di iniziare il percorso di sviluppo dell’acino. L’accrescimento e la maturazione dell’acino comportano varie fasi riassunte in questo grafico: fase erbacea, invaiatura e maturazione. La fase erbacea inizia intorno alla metà di giugno e ha una durata di circa un mese. In questa fase la bacca si accresce grazie alla fotosintesi clorofilliana svolta nella buccia accumulando notevoli quantità di acido tartarico e acido malico. L’acino appare di colore verde nella fase erbacea, è ricco di sostanze acide e povero in composti zuccherini, quest’ultimi andranno poi ad aumentare nel corso della maturazione come vedremo meglio successivamente. Quando la crescita in dimensione dell’acino si arresta e notiamo che la bacca inizia a prendere colore (giallo nelle bacche per il vino bianco, violaceo nelle bacche per il vino rosso) entriamo ufficialmente nella fase di invaiatura. Come si può notare dal grafico, nella parte centrale della curva avviene una netta interruzione della crescita in dimensione della bacca e avviene solitamente intorno alla fine di luglio. L’invaiatura dura circa due settimane ed è un periodo in cui, scomparendo la clorofilla, cessa la fotosintesi e l’acino inizia cambiare il colore verde per acquisire quello che sarà il colore finale della varietà di uva. L’invaiatura non porta solo a un cambio di colore, ma anche a un ammorbidimento della bacca e a una sintesi di polifenoli e aromi che raggiungeranno il massimo alla maturazione. I polifenoli saranno fondamentali sia per la colorazione sia per le potenzialità dell’invecchiamento sia per l’aumento del corpo e della struttura del vino come vedremo in seguito. Il processo che conclude il sottociclo riproduttivo è la maturazione, ultima fase che precede la vendemmia. La maturazione inizia intorno alla metà di agosto e procede fino alla vendemmia a seconda della varietà coltivata e della zona vitivinicola in cui ci troviamo. In questa fase l’acino ricomincia a crescere in dimensione accumulando notevoli quantità di zuccheri come glucosio e fruttosio. Le sostanze che danno complessità e qualità al vino sono contenute prettamente nelle bucce, mentre nella polpa risiede la parte più diluita, che, tuttavia, rimane altrettanto fondamentale essendo poi il vino un prodotto liquido. Nella maturazione prosegue la sintesi di sostanze polifenoliche e aromatiche, cominciata durante l’invaiatura. Sempre in questa fase si forma la pruina che ricopre la buccia. La pruina è una sostanza cerosa che svolge due funzioni importanti per la bacca: riduce la traspirazione proteggendola dalla perdita d’acqua e trattiene lieviti e batteri utili per le fermentazioni spontanee in cantina. Il 90% dell’acidità della bacca è composta dall’acido tartarico, acido malico e citrico che raggiungono il massimo alla fi ne della fase erbacea mentre durante la maturazione tendono a diminuire (specialmente l’acido malico) in contemporanea all’aumento degli zuccheri. Quando l’accumulo di zuccheri e la diminuzione degli acidi arriva a raggiungere dei valori precisi ricercati dalla cantina, otteniamo la maturità tecnologica. La maturità tecnologica riguarda l’accumulo di precise quantità di acidi e zuccheri e, unita alla maturità fenolica, rivolta a dei valori precisi di polifenoli che si devono avere nella bacca, rappresentano le due maturità alle quali facciamo riferimento per decidere il periodo di vendemmia. La maturazione fenolica non era considerata dai viticoltori fino a pochi decenni fa poiché guardavano esclusivamente la maturità tecnologica come unico indice a cui fare riferimento. Questo motivo è dovuto al fatto che fino agli anni ‘60 l’Italia era in contesti agricoli differenti che guardavano al vino come a un prodotto di pronta beva, mentre con l’avanzare negli anni, grazie ai progressi fatti in campo tecnologico, commerciale e di marketing per la vendita, si è capito che si potevano produrre vini da invecchiamento più complessi guardando parametri più approfonditi come quelli dei polifenoli. Che cosa sono esattamente i polifenoli? I polifenoli sono sostanze composte da vari gruppi fenolici a livello chimico di varia natura e hanno in comune il fatto di difendere il vino dall’ossidazione e, se combinati insieme in cantina tramite vari metodi come vedremo, permettono un miglioramento del vino sia nella capacità di invecchiamento sia in quanto a qualità organolettiche. I polifenoli più importanti delle uve sono gli antociani e i tannini. I primi servono a dare colore nei vini rossi mentre i secondi contribuiscono a dare struttura e corpo al vino se affinato con alcune precise tecniche. I polifenoli sono presenti anche nelle uve bianche e li ritroviamo per esempio come flavonoli responsabili anche del colore nei vini bianchi. La varietà di vite scelta dal vignaiolo ha delle peculiari caratteristiche genetiche che consentono di produrre vini unici nel loro genere specie se combinati con tutti i fattori di visti in precedenza. In Italia abbiamo un enorme patrimonio ampelografico di centinaia di varietà di vite che andremo a vedere insieme nel prossimo capitolo. Sottociclo riproduttivo terroir Curva di accrescimento della bacca (50-120 gg.)