CAPITOLO 1
VITICOLTURA
Patrimonio vitivinicolo italiano
Nell’apparente semplicità di una pianta di vite si celano infinite differenze sotto forma di geni e genetica che ne determinano poi le variabilità che
possiamo trovare nel vino.
Abbiamo visto come il terroir possa determinare questa variabilità attraverso il terreno, il clima e il viticoltore che interviene in vigna con
le sue scelte per la produzione.
La vite stessa è però fonte di variabilità attraverso la sua genetica. I caratteri genetici si sono sviluppati, modificati e adattati nel corso di
migliaia di anni, anche grazie all’opera dell’uomo e ogni vite ha trovato il suo habitat naturale e si è adattata a esso. Le caratteristiche genetiche
di una vite non sono fisse, ma posso modificarsi e adattarsi nel corso dei decenni a seconda degli ambienti in cui si trova. Ad esempio risiedono nella
genetica i caratteri che differenziano le uve da vino dalle uve da tavola.
Le uve da tavola sono prodotte da viti coltivate durante i secoli dai viticoltori che cercavano caratteristiche come la croccantezza, la polpa poco
zuccherina e la lucentezza nella buccia poiché le uve da tavola sono i frutti che ci mangiamo così come sono e devono essere attraenti alla vista e non
troppo zuccherati al sapore oltre che croccanti nella buccia.
Le uve da vino sono state selezionate nei secoli dai viticoltori che ricercavano altre caratteristiche proprio perché si sarebbero dovute trasformare in
vino e si volevano quindi gradazioni zuccherine più elevate (per poi trasformare gli zuccheri in alcol), buccia più morbida per disciogliere sostanze
nobili nel vino e pruina a ricoprirla per proteggerla dalle scottature del sole oltre che per trattenere i lieviti che avrebbero preso parte alla
fermentazione.
La variabilità sulla quale mi vorrei soffermare è legata soprattutto all’immenso patrimonio ampelografico che abbiamo in Italia per quanto riguarda le
uve da vino. L’ampelografia è una disciplina che descrive e differenzia tutte le varietà di vite attraverso i caratteri visibili come la forma delle
foglie, grandezza dei grappoli e l’epoca di maturazione di essi. L’ampelografi a si basa prettamente sull’analisi dei caratteri visibili e, negli ultimi
decenni, è stata accostata anche l’analisi genetica dei vari vitigni che permette di caratterizzare le varietà in maniera ancor più precisa.
Per spiegare l’immenso patrimonio che abbiamo in Italia nel miglior modo possibile farò riferimento a una celebre conferenza in cui Oscar Farinetti
elogiava la fortuna di essere nati in Italia riportando dati e riflessioni.
L’Italia ha una superficie pari allo 0,5% a livello mondiale con lo 0,83% della popolazione, un numero esiguo rispetto ad altre nazioni come la Cina o
agli Stati Uniti con dimensioni oltre 10 volte superiori sia in superficie sia in popolazione.
Nonostante le dimensioni non siano a nostro favore, abbiamo l’enorme fortuna, grazie alla conformazione della nostra penisola e al clima che la
circonda, di avere oltre 7mila specie vegetali commestibili e oltre 500 cultivar di olive, i paesi che ci seguono sono a meno della metà di queste
cifre. Per non parlare della viticoltura: abbiamo oltre 800 vitigni autoctoni rispetto ad altri paesi come la Francia che ne posseggono poco meno di
250.
Un fattore che ci terrei a sottolineare è anche l’ampia proposta a livello di vitigni e quindi di vini proposti poiché con i primi 10 vitigni coltivati
in Italia si copre meno del 40% della superficie vitata, mentre in paesi come la Francia con i primi 10 vitigni coltivati si copre oltre il 70%.
Questo non è per fare un paragone rispetto a chi sia meglio o peggio dell’altro, anche perché oltre a essere relativo non terrebbe conto del fatto di
diversi contesti storici, culturali e di commercio che hanno portato negli anni queste due nazioni specie in campo viticolo ad operare scelte ben
diverse per differenti obiettivi.
È importante però sottolineare che la nostra biodiversità in campo vitivinicolo, e in generale agrario, è un punto di forza che dobbiamo mantenere e
valorizzare ancor di più negli anni avvenire.