Le nozioni di frontiera e di confine non sono di facile definizione
se non si utilizza una metafora, strumento creativo spesso impiegato nel pensiero scientifico. Allo scopo di rappresentare qualcosa che separa e unisce allo stesso tempo, è necessario identificare una sorta di terra di nessuno, luogo tra spazi (non solo geografici, soprattutto culturali) ciascuno dei quali occupato da una società o cultura, distinti l’uno dall’altro. In una interpretazione storiografica la frontiera è la zona dove avviene l’interazione tra due culture. E poiché la frontiera
è il prodotto di un’azione intrusiva, nel suo movimento di espansione, preme sulle società limitrofe e nel caso della vite, “esporta” il suo modello verso altri luoghi. Apparentemente contraddittorio rispetto alla visione di frontiera come luogo di interazione e di trasformazione radicale, è quello che intende la frontiera come uno spazio capace di produrre continuità storico-culturale e forme di conservazione, a guisa di una sorta di riproduzione delle società originarie che si incontrano.
È il caso delle “frontiere nascoste”, dove si contrappongono, senza mai integrarsi, culture molto diverse che mantengono inalterata la loro individualità. Questi limes non sono solo culturali ma possono anche essere rappresentati da caratteristiche fisiche e strutturali di un luogo. Gli spazi delle interfacce sono portatori di diversità e di complessità in misura maggiore di quelle dei territori ai loro confini. Le diverse radici culturali delle popolazioni della Valtellina, della pianura bergamasca e mantovana e della collina pavese hanno rappresentato un sistema importante di regolazione mettendo in relazione sistemi socio – spaziali molto differenti. Questa interfaccia ha comunque manifestato, per effetto dei flussi economici e politici,
un ciclo di vita che, nei periodi durante i quali la discontinuità si attenuava, aveva la tendenza a sparire. È comunque evidente una certa irreversibilità legata alle caratteristiche della natura e della organizzazione sociale e culturale dei luoghi.
Le forme del paesaggio naturale ed antropico, definiscono i termini di questo confronto che si è venuto a formare soprattutto con l’avvento della Repubblica di Venezia rimasta nella Lombardia orientale, al di qua dell’Oglio, per circa 200 anni, dalla metà del 1500 alla metà del 1700 (Pace di Aquisgrana del 1748). Si assiste allo sviluppo di un contorno esterno, rappresentato appunto dal confine con il Ducato di Milano, e allosviluppo di uno spazio interno declinato dai contorni dei campi coltivati, dalla vegetazione naturale e dagli abitati.