capitolo 8 CONTENITORI DI VETRO Damigiana e fiasco Simone Lavezzaro, Albino Morando Abbozzatura, soffiatura, impagliatura, rivestimenti dei fiaschi KEYWORDS Damigiana La notevole attitudine del vetro al contenimento del vino ha portato nel corso del tempo alla produzione di contenitori di maggiori dimensioni, ma sono subito emersi due inconvenienti: il peso notevole e la difficoltà di manipolazione e spostamento. La realizzazione di una struttura esterna in vimini, provvista di adeguati manici per la presa, ha risolto il problema degli spostamenti ed ha suggerito la possibilità di costruire recipienti di vetro sottile: è nata così la damigiana. La diffusione di questo contenitore, di forma panciuta, di dimensioni diverse con un massimo di 54 L di capienza (salvo poche eccezioni) è stata notevolissima e si mantiene tuttora, per i vantaggi che apporta a livello economico ed igienico. La damigiana serve per conservare il vino anche per lunghi periodi, per trasportarlo dal produttore al consumatore con vuoti a rendere e anche per contenere piccole rimanenze di cantina. La disponibilità di polimeri alimentari (PVC, polietilene, poliesteri) ha portato alla sperimentazione di diversi contenitori sostitutivi della damigiana, specialmente per ovviare ai maggiori inconvenienti della stessa e cioè la fragilità e l’elevato ingombro ma, per ora, questi tentativi non hanno avuto molto successo e la damigiana, pur con qualche inconveniente, rimane un contenitore abbastanza utilizzato. Le aziende che producono damigiane sono poche, in alcuni casi ancora a conduzione artigianale, con un grado di automazione limitato al forno di fusione ed a quello di ricottura. Rimangono manuali le lavorazioni relative all’estrazione del vetro fuso ed al suo travaso nello stampo, il taglio della goccia, la foggiatura dell’abbozzo e della forma definitiva mediante soffiatura. La pasta di vetro, al termine della fusione, passa nelle “tasche di levata” dove continua l’affinamento e viene mantenuta alla temperatura di 1000-1100 °C, ideale per mantenere la viscosità adatta alla lavorazione. (A) La composizione chimica è molto simile a quella degli altri vetri per contenitori. La colorazione normalmente è quella verde e mezzo bianco poichè tale contenitore è destinato prevalentemente a lavorazioni all’interno di cantine. La produzione di damigiane, oggi prevalentemente industriale, date le dimensioni dei contenitori richiede l’utilizzo di tre stampi: due abbozzatori e uno finitore che conferisce alla damigiana la forma definitiva . (B) (C, D) (A) - Prelievo della esatta quantità necessaria di vetro fuso con l’apposito “morso” (Vetreria S.V.E.) (B) - Abbozzatura della damigiana (Vetreria S.V.E.) (C) - Introduzione della massa fusa nello stampo definitivo della damigiana (Vetreria S.V.E.) (D) - Damigiane pronte per il rivestimento Rivestimenti della damigiana Teoricamente si può utilizzare anche la damigiana “spoglia”, cioè senza rivestimento esterno, ma motivi di praticità fanno sì che nella quasi totalità dei casi si ricorra ad un rivestimento esterno con materiali diversi. Il rivestimento è costituito da tre parti: la cesta munita di fondo di appoggio e di manici per lo spostamento, il coperchio e la paglia di riso (molto resistente all’umidità) per distribuire i carichi ed attenuare gli effetti degli urti. Il rivestimento può essere realizzato con vimini, con sottili strisce di legno , con paglia intrecciata (solo per il coperchio) e con plastica (fili intrecciati per il cesto e lamina stampata per il coperchio e anche per il cesto nei volumi inferiori) . (E) (F, G) (E) - Rivestimento delle damigiane con sottili strisce di legno (Alvaro Bonosa) (F, G) - Impagliatura della damigiana e serie di damigiane con rivestimenti diversi (Colla Renzo) Fiasco Il fiasco era noto in Toscana già verso il 1300, ed ancora oggi rimane un contenitore tipico dei vini di quella regione e di altre dell’Italia centrale. Anche all’estero il fiasco è considerato un contenitore speciale per vini tipici italiani. Il problema di questo recipiente è sempre stato il rivestimento necessario per proteggere il vetro sottile e per costituire un basamento di appoggio. Questo viene tradizionalmente realizzato intrecciando un’erba palustre ( ) particolarmente resistente nel tempo. Le difficoltà attribuite sono di tipo economico perché questo rivestimento, pur essendo parzialmente meccanizzato, viene a costare troppo, oltre a creare problemi a livello di imbottigliamento, confezionamento e trasporto. (H, I) Typha latifolia Ciò nonostante il mercato richiede ancora questo contenitore antico per cui la lavorazione del fiasco e le operazioni di impagliatura continuano, sia pure ormai a livelli sempre più contenuti. Le varie parti che compongono il rivestimento giungono al laboratorio già preparate e l’operaio si limita all’assemblaggio servendosi di un’apposita attrezzatura. Il fiasco si può anche rivestire con materiale plastico; i costi sono minori, a totale scapito della tradizione e dell’immagine nei confronti del consumatore. Inoltre, per il Chianti DOCG, il rivestimento del fiasco non può essere di plastica, ma va realizzato con la tradizionale . Typha latifolia (H) - Rivestimento del fiasco (Vetreria Etrusca) (I) - Imbottigliamento (anni ‘80) in fiaschi (Ruffino)