capitolo 9 ALTRI CONTENITORI Lattine e fusti di acciaio Simone Lavezzaro, Stefano Gozzelino, Davide Morando metallo, costi, sovrappressione, spillatura, trasporto KEYWORDS Banda stagnata La lattina in banda stagnata, apparsa negli USA sul finire degli anni ‘50, ha avuto in breve un’enorme espansione per il confezionamento delle bevande gassate. Per il vino la situazione è stata molto diversa: infatti, mentre da un lato alcuni studi sperimentali sembravano assicurare l’idoneità di questo contenitore, il mercato non lo ha accettato. Con il tempo e nuove e più approfondite sperimentazioni, sono emerse anche delle difficoltà oggettive da parte della lattina a contenere il vino, in particolare per la corrosione del rivestimento e conseguenti gusti anomali. Per altri aspetti la lattina è sicuramente un imballaggio interessante perché alla leggerezza (20 g una lattina da 33 cl) unisce una notevole resistenza alla pressione, tale da consentirne l’impiego per i vini frizzanti, un effetto barriera totale ai gas, la praticità d’uso e la facile apertura . (A) La banda stagnata è ottenuta rivestendo un lamierino di ferro o acciaio con lo stagno per via elettrolitica, ottenendo un foglio dal quale si procede alla formazione del contenitore. Si producono lattine in tre pezzi (cilindro laterale più i due fondi) ed in due pezzi (imbutitura di un disco piano) . In passato la saldatura delle lattine a tre pezzi era effettuata con una saldatura stagno piombo con rischi di inquinamento da parte di quest’ultimo. Oggi viene preferita la saldatura elettrica che non presenta cessioni . (B) (C) Uno studio condotto in Gran Bretagna ha confrontato l’efficienza nell’utilizzo dello spazio durante il trasporto del vino confezionato in lattina o in bottiglie di vetro, analizzandone gli effetti sull’ambiente e le emissioni di CO . I risultati hanno messo in evidenza che il trasporto del vino in lattine strette ha fatto registrare la metà delle emissioni di CO2 del trasporto di un’equivalente quantità di vino confezionato in bottiglie di vetro da 0,75 cL. Inoltre si ravvisa un notevole impatto anche sui costi di produzione, trasporto, deposito e stoccaggio. I risultati mostrano notevoli benefici economici: le lattine strette sono di 17 centesimi più economiche rispetto alle bottiglie di vetro; i fornitori potrebbero risparmiare tra 2 e 8 centesimi per unità; i rivenditori tra 0,01 e 0,15 euro per unità (FONTE: Industrie delle bevande, 2009 (38) 55). (A) - Costi di produzione del “vino in lattina” 2 (B) - Sezione di un’ attrezzatura per imbutitura a doppio effetto e principali fasi del processo di imbutitura (C) - Le principali tecniche di produzione dei fogli di alluminio sono essenzialmente due: la calandratura in successione a caldo dei blocchi di metallo puro (tecnica tradizionale), oppure la deposizione continua del metallo fuso al di sopra di cilindri freddi, tecnica innovativa e meno dispendiosa da un punto di vista energetico. Ottenuti i fogli si procede all’imbutitura e ai processi di saldatura per ottenere le diverse forme di contenitori (Casa Vinicola Caldirola) Alluminio La prima lattina di alluminio per bibite fa la sua apparizione sul mercato americano nel 1959. Da allora ha conosciuto una rapida e ampia diffusione per tutti gli alimenti, compreso il vino, seppure con minor rapidità, per via dell’effetto “tradizione” che limita l’accesso ai nuovi contenitori nel mercato enologico, specie nel Vecchio Continente. I contenitori di alluminio sembrerebbero unire i vantaggi dei bassi costi di produzione offerti dalla banda stagnata, con le minime cessioni proposte dal vetro. L’assoluta assenza di scambi gassosi con l’esterno permette l’imbottigliamento di vini frizzanti, oltre una lunga conservabilità del prodotto grazie alla limitata ossidazione che lo stesso subisce. Inoltre, non venendo attraversato dalle radiazioni luminose, protegge il vino dall’effetto deleterio dei raggi UV. Ad oggi le pubblicazioni scientifiche specifiche a riguardo dei contenitori di alluminio per vino sono ancora molto limitate, per quanto i risultati pratici siano assolutamente apprezzabili. Fusti di acciaio (Kegs) Keg è la traduzione inglese di “barilotto” che ben spiega la funzione di tale moderno contenitore: ricevere il vino nella cantina di produzione, effettuarne il trasporto ed infine consentirne la spillatura diretta sul luogo di consumo . (D, E) I primi impieghi (barilotti di alluminio) hanno riguardato la birra e le altre bevande gassate, ma già nel 1975 fu presa in considerazione la possibilità d’impiego nel settore enologico (Guadalupi, 1988). Le moderne tecnologie consentono di assemblare il keg in modo economico ed efficace, unendo le due calotte ottenute per imbutitura, con un’unica saldatura lungo la circonferenza. La saldatura (Tig e/o al plasma, senza apporto di materiale) viene effettuata di solito dall’interno tramite un dispositivo automatico che produce un cordolo omogeneo e regolare, facile da pulire anche per la posizione ben accessibile ai getti di lavaggio. L’imbutitura, oltre a conferire la forma desiderata mantenendo una buona costanza degli spessori nei diversi punti, consente di sagomare delle nervature a forma di cerchio, che irrobustiscono il fusto aumentandone la resistenza alla pressione ed all’implosione e ne facilitano il rotolamento. Inoltre, le deformazioni a freddo sull’acciaio austenitico (nel caso del keg normalmente AISI 304 o 304L), determinano un incrudimento della lega con notevole aumento della resistenza meccanica. La finitura esterna del barilotto è normalmente quella standard dell’acciaio inossidabile (AISI 2B); eventuali lucidature, satinature o fiorettature hanno solo funzione estetica, peraltro poco richiesta. È anche possibile un rivestimento esterno poliuretanico , sagomato per fornire i supporti per l’appoggio e l’impilamento ed i manici per la presa. (F) Tra i vantaggi offerti dal keg (praticità d’impiego, facilità nei trasporti, resistenza alla pressione e alla corrosione, manutenzione praticamente nulla, facilità di pulizia, ecc.) occorre annoverare l’attitudine ad un’energica sterilizzazione con vapore, impiegato anche a temperature molto elevate (vapore secco), fattore che risulta determinante per un imbottigliamento sterile. (D) - Alcune aziende propongono i loro prodotti in innovativi fusti realizzati in PET di diverse capacità, del tutto simili ai fusti di acciaio e dotati di asta di pescaggio e valvola di spillatura. Tali contenitori hanno solitamente costi ridotti e sono per lo più monouso ma totalmente in materiale riciclabile. (Polykeg) (E) - Fusto di acciaio. È evidente, sulla parte superiore, la testa di spillatura della bevanda (F) - Le forme attuali consentono, con spessori di appena 1,2 mm, resistenze allo scoppio prossime a 100 bar, quindi con un ampio margine di sicurezza, tenuto conto che le pressioni di esercizio sono al massimo di 2,5 bar. Un accessorio determinante del keg è l’asta di pescaggio che consente, con l’immissione forzata di anidride carbonica o altro gas inerte, lo svuotamento del contenitore senza introdurre aria. A garanzia dell’imbottigliatore, l’asta può essere provvista di dispositivi di sicurezza che impediscono la manomissione del contenuto