capitolo 12

ALLESTIMENTO

Le misure del vigneto

Simone Lavezzaro, Albino Morando

Prima dell'avvento della meccanizzazione in vigneto, le forme di allevamento e soprattutto la disposizione delle viti e dei sostegni avevano esigenze prettamente tecniche e fisiologiche, oltre che dettate dalla conformazione e natura del terreno.
Oggigiorno, ciascun parametro che analizzeremo in seguito dovrà tenere conto di un certo grado di meccanizzazione, sia esso il semplice passaggio dei mezzi agricoli tra le file, oppure l'estremizzazione della stessa, fatta di attrezzature scavallanti, e macchine controllate da sensori ad azionamento satellitare.
Livelli di massima densità possono considerarsi 0,5 x 0,5 m (40.000 ceppi/ha) proposti in impianti presenti nel passato nella regione dello Champagne e appena più larghi in diverse altre zone in cui si utilizza l'alberello come metodo di potatura (A). L'estremo opposto lo si poteva ritrovare un tempo nella Pianura Padana, quando il sistema "Raggi" o "Belussi" prevedeva 6 x 6 m (1.100 ceppi/ha) (B). Anche l’osservazione più superficiale evidenzia che le situazioni estreme sono poco accettabili e, ad onor del vero, anche non così frequentemente utilizzate nella pratica. Nella ricerca prioritaria della qualità, abbinata ad una razionale possibilità di meccanizzazione, è necessario orientarsi in modo equilibrato su sesti né troppo larghi né troppo stretti, con densità variabili all’incirca da 3.500 a 6.000 ceppi per ettaro (C).
Sarebbe assurdo sopportare i costi che la maggiore densità d’impianto comporta, operando su terreni troppo freschi e fertili o resi tali da concimazioni ed irrigazioni. In queste condizioni l’impianto fitto, per quanto castigato da potature molto rigide, produce comunque una quantità di uva esagerata per assicurare eccellenti livelli qualitativi. Analogamente, densità eccessive in zone caldo aride causano stress idrici che, in assenza di irrigazione, deprimono la qualità del prodotto e possono compromettere la vita stessa del vigneto (D).