capitolo 2 VIGNETO: NUMERI E AMBIENTE I numeri della viticoltura italiana Simone Lavezzaro, Stefano Ferro KEYWORDS Superficie vitata, V.Q.P.R.D., mercato, aziende Gli stimoli per procedere a nuovi impianti sono tendenzialmente maggiori quando il mercato remunera bene il prodotto, mentre si affievoliscono nelle congiunture meno favorevoli. Nella durata del vigneto, si possono alternare quindi periodi positivi ad altri meno propizi. La storia documenta gli alti e bassi della viticoltura, ancorata da sempre alle vicende economiche generali ed alle “mode” del mercato. I grandi sconvolgimenti causati da eventi particolari, dopo un danno iniziale, hanno spesso apportato un rinnovamento migliorativo della viticoltura. Ad esempio, la fillossera, giunta in Italia a fine Ottocento- inizio Novecento, ha selezionato in modo determinante il patrimonio viticolo, favorendo le varietà tecnicamente ed economicamente più valide. Dal secondo dopoguerra, le forti richieste, prima interne e poi destinate anche all’esportazione, hanno fatto incrementare la superficie vitata di uva da vino (A), raggiungendo il picco massimo negli anni '70 del secolo scorso, quando il vigneto italiano superò abbondantemente 1 milione e 200 mila ettari. In quel periodo, inoltre, era comune l'impiego di vitigni e tecniche colturali molto produttive, per disporre di grandi quantità di vino a basso costo, anche se di qualità non eccelsa (B). Il risultato di questa politica quantitativa è stato il fenomeno delle eccedenze, risolto negli anni a seguire con la distillazione, che ha dato inizio anche alla contrazione degli ettari a vigneto in corso tutt'ora. Tale tendenza ha interessato tutte le regioni d'Italia, senza eccezioni (C), in pratica dimezzando i vigneti del Bel Paese. Oggi, invece, gli sforzi sono rivolti ad una viticoltura di qualità, che si esprime in tutti gli aspetti della coltivazione della vite, a partire dall'impianto del vigneto. (A) - Evoluzione della superficie vitata in Italia, dal 1950 ai nostri giorni. Si evidenzia la regressione della superficie dedicata all'uva da vino, mentre per quanto riguarda l'uva da tavola il numero di ettari è rimasto pressoché invariato, se si esclude un lieve decremento negli ultimi anni. (Fonte ) www.istat.it (B) - Fino alla metà degli anni '90 del secolo scorso era fondamentale produrre molta uva a costi accettabili, mentre oggi l'imperativo imprescindibile è rappresentato dalla qualità. (C) - Le cartine rappresentano una fotografia del vigneto italiano in tre momenti degli ultimi trent'anni. Da notare la contrazione costante in tutte le regioni da Nord a Sud. (Fonte: www.istat.it modificato) Analizzando più in dettaglio quanto accaduto è possibile affermare che il consistente decremento della produzione ha riguardato soprattutto il vino da tavola, mentre dopo una naturale crescita iniziale si è affermato in maniera costante la produzione di DOC e DOCG (D). In Italia ad oggi sono presenti oltre 420 Denominazioni di Origine che, se da un lato possono confondere il consumatore in una trincea spesso ignota al mercato nazionale ed estero, dall'altro certificano la tendenza ad un incremento qualitativo che non deve più far la corsa sui prezzi rispetto alla concorrenza. Tale politica è risultata fino ad ora vincente, come dimostrato dall'incremento sensibile dell'indotto derivante dalla vendita del vino italiano, nel nostro Paese e all'estero (E). Il valore aggiunto del settore vitivinicolo italiano sfiora oggi i 4 miliardi di euro all'anno, con un incremento del 2,3% annuo nell'ultimo decennio. Ciò è reso possibile soprattutto grazie al commercio estero del vino confezionato, in costante crescita negli ultimi anni. Difficile stabilire se quanto detto sia causa o conseguenza di un profondo rinnovamento delle aziende vitivinicole italiane. Basta ragionare sulla sensibile diminuzione del numero di aziende negli ultimi trent'anni (F), accompagnata per contro da un incremento della superficie vitata per singola ditta. Ciò sta a significare non solo una sempre più elevata specializzazione della viticoltura, ma anche una progressiva concentrazione delle risorse, che consente a strutture mediamente più grandi (G), organizzate, e con maggior disponibilità economica di affrontare con coraggio ed esuberanza anche i mercati più lontani e difficili. (D) - Superficie vitata destinata all'uva da vino in Italia. Il grafico differenzia gli ettari dedicati alla produzione di vini VQPRD rispetto ai vini da tavola. Curioso come fino agli anni 2000 la contrazione delle superficie sia stata completamente a carico dell'uva destinata a vino da tavola, mentre negli ultimi anni si stia assistendo ad un'inversione di tendenza. Infatti, oggi sono soprattutto le superfici a DOC e DOCG a perdere terreno, seppur in misura di gran lunga inferiore rispetto a quanto accaduto in precedenza (Fonte: MiPAF). (E) - Valore indotto dalla vendita del vino italiano sul mercato nazionale e estero (Fonte: www.istat.it). (F) - Evoluzione del numero di aziende vitivinicole e superficie media aziendale in Italia. Nel 1982 c’erano 1,6 milioni di viticoltori, mentre oggi sono poco più di 380 mila. La superficie media aziendale è evidente sia quasi raddoppiata, seppure con differenze significative tra zone da sempre vocate alla viticoltura rispetto aree non legate alla coltivazione della vite. Il Friuli Venezia Giulia guida la classifica con 3 ettari per azienda, seguito da Sicilia, Lombardia, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna, Puglia e Veneto che si attestano sopra i 2 ettari. Segue con distacco il resto d'Italia. La media nazionale è oggi intorno 1,6 ettari di vigneto per azienda (Fonte: ISTAT). (G) - Vigneti di grandi dimensioni consentono di ridurre i costi di impianto e gestione, specie se in pianura, dove la meccanizzazione può essere molto spinta (Gaja).