enologia di Claudio Gori Fenoli volatili e ammine. Possibile interazione? Circa quattro anni fa, ad un convegno a Lisbona presso l Instituto Superior De Agronomia, il prof. Loriero insieme al suo collaboratore prof. Manuel Malfeito Ferreira, esposero le ricerche svolte dal loro dipartimento riguardo la problematica di Brettanomyces e la formazione del 4-etilfenolo e del 4-etilguaiacolo. E proprio in quell occasione che ho trovato lo spunto per iniziare questa nostra ricerca: c erano in degustazione due vini, uno con oltre 1000 g /L di 4-etilfenolo e l altro con appena 500 g /L di fenolo volatile; bene, durante la degustazione notammo che mentre il primo risultava piacevole in bocca e al naso, il secondo presentava caratteristiche olfattive pessime tipiche dei fenoli volatili. Da qui l importante domanda del prof. Loriero: Perché il primo non raggiunge la soglia di percezione olfattiva e quindi non presenta i tipici difetti e il secondo sì? ; a mio avviso entrano in gioco altre sostanze che rendono sensibili all olfatto i fenoli volatili. BRETTANOMYCES E FENOLI VOLATILI Ma facciamo un passo indietro Da diversi anni ormai si sente sempre più parlare di uno dei problemi più importanti che sta colpendo sempre più aziende produttrici di vini: Brettanomyces e i fenoli volatili. Spesso capita di assaggiare vini, anche tra i più pregiati, in cui a livello olfattivo è evidente la contaminazione da Brettanomyces, con i classici sentori di cuoio bagnato, sudore di cavallo, tabacco umido, che all inizio quando i fenoli volatili non sono in grandi quantità, possono risultare piacevoli, ma che poi con l andar del tempo e l aumento della loro concentrazione risultano molto sgradevoli. 36 Ormai le pubblicazioni su questo annoso problema sono molte e gli studi fatti ancora di più. Allo stato attuale dei lavori siamo in grado di poter affermare che Brettanomyces è tra i maggiori responsabili dell origine di odori e aromi sgradevoli nel vino; simili effetti, quantitativamente però meno rilevanti, possono essere dovuti ad alcune specie di batteri del genere Lactobacillus spp. e anche al lievito Pichia guilliermondii, per quest ultimo soprattutto a fine della Fermentazione Alcolica. Il problema però è che non è ancora stato trovato un modo per debellare in maniera definitiva Brettanomyces oppure un modo per evitare che entri in contatto con il vino. Molto spesso, ed erroneamente, si ritiene che la causa della contaminazione da parte di questo lievito sia la poca igiene della cantina e dei contenitori, soprattutto il legno, dove viene tenuto il vino nella fase di affinamento. Però anche questi luoghi comuni sono stati sfatati da ricerche in cui si è trovato Brettanomyces in vasche di acciaio e soprattutto, cosa più strana, nella no- La contaminazione da Brettanomyces non è necessariamente legata alla poca igiene della cantina e delle botti come spesso erroneamente si crede stra esperienza pluriennale di consulenza abbiamo ritrovato il lievito in vini prodotti il primo anno in una cantina nuova dove non era possibile aver avuto una contaminazione da Brettanomyces. Quindi un punto fondamentale nella ricerca su questo problema sta nel capire l effettivo metabolismo di Brettanomyces e soprattutto studiare un metodo per prevenire nella maniera più assoluta il suo sviluppo all interno dei locali di vinificazione ed affinamento. AMMINE BIOGENE Altro argomento introdotto da questo nostro articolo sono le ammine biogene, composti chimici presenti in molti alimenti e che da tempo sono alla base di numerosi studi riguardo la loro potenziale tossicità per l organismo umano. La loro presenza è stata riscontrata nel vino ed in particolare nei vini rossi (soprattutto durante e dopo la fermentazione malolattica), nei quali si hanno tenori tendenzialmente maggiori rispetto ai bianchi. La produzione delle ammine biogene avviene a partire da precursori che sono gli acidi amminati presenti nel mosto provenienti dalle uve. Dagli studi condotti emerge che i produttori di ammine biogene sono i batteri appartenenti ai generi Pediococcus e Lactobacillus che sfruttano l istidina (acido amminato presente nel vino) decarbossilandola ad istamina, traendone un guadagno sotto il profilo energetico. Riguardo a questo tipo di trasformazione c è da fare un ulteriore considerazione sui contenuti in ammine biogene che aumentano durante e dopo la malolattica. Questo fenomeno ha portato ad isolare ceppi di L. oenos in grado di produrre istamina a partire dal suo acido ammina-