
Che confusione (sarà perchè ti amo)Alessandra Biondi Bartolini
Sotto il tendone di un circo di prima categoria è tutto bene organizzato e ognuno ha un ruolo, dei tempi e una professione ben definiti: ci sono il
direttore, il domatore, i clown, i nani e le ballerine. Lo spettacolo funziona e nessuno rischia di confondere l’uno con l’altro. Poi ci sono i circhi
di provincia, quelli dove dopo pochi numeri ti accorgi che in realtà sulla pista scendono sempre le stesse persone, il clown esce e veste i panni del
giocoliere, la trapezista torna a far saltare i cagnolini e il direttore cavalca l’elefante: è il momento in cui l’incantesimo e il patto di sospensione
dell’incredulità con lo spettatore si rompono e tutto diventa un po’ grottesco. Quando si parla di circo mediatico ci si augura di parlare del primo ma
spesso va purtroppo in scena il secondo.
Quello a cui abbiamo assistito nelle prime settimane dell’anno sul tema di alcol e salute, scaturito dalla reazione e le preoccupazioni del settore
vitivinicolo all’introduzione degli Health Warning sulle etichette degli alcolici venduti in Irlanda è qualcosa di molto simile, ma non è un caso
isolato nel sistema dell’informazione e dei media italiani quando si parla di agricoltura (e non solo).
Se le associazioni di categoria, i rappresentanti dei produttori o i politici in cerca di consensi si sostituiscono ai professionisti della medicina e
alla scienza, se i camici bianchi si spingono a giudicare i comportamenti sociali delle persone e a commentare a colpi di post le opinioni di altri
camici bianchi, se non si spiega mai dove finiscono i fatti (sempre che li si riportino messi bene in fila, i fatti) e dove cominciano le opinioni, dove
si parla di interessi e dove si consultano delle figure competenti e indipendenti, a pagare il prezzo più alto è il lettore che non riceve il servizio
che il mondo dell’informazione gli dovrebbe. Il problema non è avere degli interessi e nemmeno avere dei timori sulle sorti economiche e sociali legate
a una decisione politica per quanto questa sia dettata da ragioni di interesse pubblico e sociale come la salute, il problema è fingere di non averli.
E forse quello che manca del tutto al pubblico che legge e che segue è proprio questo: una mappa degli interessi in grado di spiegare ai lettori chi sta
parlando e cosa rappresenta, che entri nel significato di lobbying senza timore o vergogna. La mappa di Harry Potter in versione giornalistica che
mostri chi c’è e in quale posizione si trova ognuno in ogni momento. Forse solo così il pubblico potrebbe capire che spesso l’informazione riportata da
una testata non è mediata da coloro che hanno ormai rinunciato a fare “i cani da guardia” dell’informazione (ma che sarebbe meglio definire cani da
pastore o cani guida spiegava Luca Sofri qualche anno fa), ma è tale e quale il comunicato stampa di questo o di quello, che fornisce la visione e tira
acqua al mulino di questo o di quello.
Senza questo lavoro di educazione, nel quale diventa chiaro il ruolo di ogni protagonista di una determinata vicenda, tutto rimane confuso e il consenso
può essere spostato con facilità, colpendo il pubblico allo stomaco in quello che ha di più caro, come il cibo e il vino, le tradizioni e il legame con
la storia, la famiglia, il territorio e i suoi prodotti. Per questo fare chiarezza davvero forse non interessa, per questo la mappa di Happy Potter non
esiste, per questo diventa normale – e non dovrebbe esserlo - che a chi fa informazione sia chiesto di promuovere e di fare sistema con i soggetti delle
loro stesse storie e notizie. Il giornalismo del vino e la stampa enogastronomica stanno cambiando e prendendo delle decisioni sul loro futuro, ne ha
scritto Fabio Rizzari nell’editoriale dell’ultimo numero di Millevigne, ma se ne è discusso anche su Intravino e ne ha parlato recentemente Valerio
Visintin in un’intervista su Italia a Tavola.
Ma questi ripensamenti non si devono fermare alla critica enologica, anche chi parla e racconta il settore da dentro alla filiera, chi spiega al
pubblico la politica agraria, chi divulga la tecnica e la scienza, noi stessi, qualche riflessione dovremmo farla. Senza fare tutta questa confusione,
senza farsi prendere tutti dall’emotività che immancabilmente investe chi vive un mondo indiscutibilmente affascinante e che amiamo.