DALLA RICERCA
Uno spazio per conoscere cosa “bolle in pentola” negli istituti di ricerca internazionali dove si studiano la vite e il vino
Stimare e modellizzare i movimenti dell’aria e le turbolenze tra i filari
Lo studio delle interazioni tra la vegetazione e l’atmosfera permette di comprendere e descrivere in tutta la loro complessità e sempre più nel dettaglio gli ecosistemi e i cicli biogeochimici. I movimenti dell’aria e la formazione di turbolenze all’interno della vegetazione dipendono dalla struttura delle piante ma anche da altri fattori, quali lo sviluppo dei germogli nel corso della stagione o la direzione dei venti rispetto all’orientamento del filare. La descrizione delle turbolenze e delle caratteristiche aerodinamiche di un vigneto sono state oggetto di uno studio pluriennale condotto dai ricercatori dell’Università di Padova. La parametrizzazione di questi fenomeni permette di migliorare l’uso dei modelli utilizzati nella descrizione e la predizione degli scambi di gas, calore ed energia. La ricerca ha analizzato le misure ottenute da un dispositivo verticale di cinque metri dotato di anemometri sonici 3D, che in combinazione con le caratteristiche spaziali della chioma e la densità degli strati fogliari alle diverse altezze sulla parete, ha permesso di descrivere, anche in funzione della direzione dei venti dominanti, il modo in cui si evolvono i moti turbolenti nel corso della stagione, dall’assenza di foglie fino al loro completo sviluppo. Articolo originale: Nadia Vendrame, Luca Tezza, Andrea Pitacco, 2023. Evolution of turbulent flow characteristics in a hedgerow vineyard during the growing season, Agricultural and Forest Meteorology, Volume 328, 2023, 109251, ISSN 0168-1923, https://doi.org/10.1016/j.agrformet.2022.109251.
Uve immature per “correggere” gli effetti del climate change
Il disaccoppiamento della maturazione tecnologica rispetto a quella
fenolica è uno degli aspetti più problematici nella gestione della qualità delle uve rosse nelle difficili condizioni climatiche degli ultimi anni.
Sempre più spesso i produttori si trovano costretti a scegliere tra raccogliere precocemente per avere vini con gradazioni alcoliche e acidità ancora
nella norma, sebbene vegetali e poco concentrati e squilibrati nel contenuto in tannini e antociani, o in alternativa attendere la piena maturazione
fenolica delle uve ma trovarsi con gradazioni alcoliche eccessive e acidità e pH problematici. Già da alcuni anni i ricercatori di diverse regioni
viticole stanno sperimentando l’uso delle uve raccolte precocemente o molto precocemente come correttivo per l’acidità e la gradazione dei mosti e dei
vini. L’Università di Murcia in Spagna ha condotto una sperimentazione su uve Monastrell, le cui bucce sono caratterizzate da una difficile estraibilità
delle frazioni fenoliche. L’obiettivo è stato di valutare l’efficacia di un prodotto ottenuto dalla fermentazione delle uve ancora verdi e utilizzato
come “correttore” di gradazione e acidità. Una strategia che fornisce uno strumento per adattare l’enologia mediterranea agli effetti negativi del
climate change. Il vino da uve con ottima maturazione fenolica, con o senza l’aggiunta del prodotto da uve immature, è stato comparato con quelli
ottenuti da una raccolta anticipata al momento della maturazione tecnologica e con una più bassa maturazione fenolica. Articolo originale:
Martínez-Moreno, A., Martínez-Pérez, P., Bautista-Ortín, A. B., & Gómez-Plaza, E. (2023). Use of unripe grape wine as a tool for reducing alcohol
content and improving the quality and oenological characteristics of red wines. OENO One, 57(1), 109–119.
https://doi.org/10.20870/oeno-one.2023.57.1.7226.
Vino in lattina: idrogeno solforato e tempi di conservazione
La lattina in alluminio come packaging alternativo per il vino sta vivendo un grande successo di pubblico e di mercato. Tuttavia non sono molte le ricerche e le pubblicazioni scientifiche che studiano la chimica dei vini in lattina. Uno studio realizzato dai ricercatori della Cornell University (Ithaca, NY) ha cominciato a colmare questo vuoto. Il problema principale del vino in lattina è legato alla formazione di idrogeno solforato, conseguente soprattutto alla reazione tra l’SO2 contenuta nel vino e l’alluminio in caso di contatto. Lo studio ha analizzato l’evoluzione e la formazione di H2S in vini commerciali confezionati in vetro o in lattine con tre diversi liner interni di protezione: un liner acrilico, un liner epossidico contenente BPA (additivo il cui utilizzo è limitato per i materiali a contatto con gli alimenti a livello europeo) e un liner epossidico privo di BPA. I risultati hanno messo in evidenza il rapido danneggiamento delle lattine con liner acrilici e la formazione in esse di livelli elevati di idrogeno solforato, già dopo due mesi di conservazione. Nei contenitori con liner epossidico la formazione di idrogeno solforato è stata minore e più lenta e il fattore che più si correla con essa è risultato essere l’anidride solforosa molecolare. Ponendo come obiettivo il contenimento della concentrazione di H2S (e quindi all’espressione del carattere di uova marce) al di sotto della sua soglia di riconoscimento, gli autori indicano in 0,4 mg/L il livello massimo raccomandabile di anidride solforosa molecolare dei vini in lattina. Articolo originale: Austin Montgomery, Rachel B. Allison, Julie M. Goddard, Gavin L. Sacks, 2023. Hydrogen Sulfide Formation in Canned Wines under Long–Term and Accelerated Conditions, Am J Enol Vitic. January 2023 ajev.2022.22051; published ahead of print January 04, 2023 ; DOI: 10.5344/ajev.2022.22051 https://www.ajevonline.org/content/early/2022/12/14/ajev.2022.22051.