VITICOLTURA

TEA: è il tempo della politica MAURIZIO GILY

A Fieragricola Agritech il punto sulle nuove tecniche genomiche. Urge un adeguamento normativo

Lo scorso 2 febbraio in una partecipata conferenza organizzata presso Veronafiere da Informatore Agrario si è parlato delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), definizione tutta italiana per le più avanzate tecniche non transgeniche di miglioramento genetico, che comprendono la cis-genesi e l’editing del genoma. 

Mario Pezzotti, direttore scientifico della Fondazione Edmund Mach e docente di Genetica Agraria presso l‘Università di Verona, ha illustrato i primi risultati ottenuti con le nuove tecniche sul melo e sulla vite, che hanno generato individui resistenti a varie patologie, spiegando come la ricerca sia però obbligata a restare incompiuta data l’impossibilità, per la legge italiana, di completare la sperimentazione in pieno campo. Infatti attualmente i nuovi vegetali prodotti con queste tecniche sono assimilati agli OGM, mancando finora una normativa europea adeguata all’evoluzione scientifica degli ultimi tre decenni.* 

L’ottenimento di varietà resistenti attraverso l‘incrocio, che nel settore viticolo ha originato i cosiddetti vitigni PIWI, è invece una tecnica legale che sta dando buoni risultati, ma si tratta di nuove varietà, con caratteristiche in parte simili ma in parte diverse da quelle del vitigno europeo da cui si era partiti, mentre con le TEA si potrebbero ottenere in pratica cloni della stessa varietà, ma con caratteri di resistenza. 

Luigi Cattivelli, direttore del Centro Genomica e Bioinformatica del CREA, ha parlato dell’applicazione delle nuove tecniche ai cereali, in riferimento anche all’obiettivo di mitigare i danni del cambiamento climatico. È stato stimato che l’aumento di un grado medio di temperatura comporta una riduzione del 10% della produzione di frumento. Questo spiega perché malgrado le ditte sementiere immettano su mercato nuove varietà potenzialmente più produttive la produzione sostanzialmente non cresce, per la presenza di fattori limitanti. I parassiti mutano naturalmente con rapidità e viaggiano tra i continenti, con effetti devastanti per le varietà locali (alcuni casi esemplari: Xylella dell’ulivo, cicalina Scaphoideus titanus vettore della Favescenza dorata, Popillia japonica, cimice asiatica), e anche le condizioni ambientali cambiano: in questo contesto se le varietà coltivate restano perennemente uguali a se stesse corrono il serio rischio di soccombere. È vero che a fronte di nuove resistenze i parassiti potrebbero rispondere con nuove armi in grado di superarle, ma a quel punto si studieranno nuove strategie: il fatto che una resistenza introdotta possa non essere perpetua non è un buon motivo per arrendersi in anticipo. 

La conclusione di Mario Pezzotti è che il miglioramento genetico in futuro non dovrebbe escludere nessuna strategia, da quelle più tradizionali fino a quelle più evolute. La ricerca deve potersi muovere con più libertà, adottando sempre tutta la cautela necessaria per la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente, ma senza essere frenata da paure irrazionali. “Questo non è il tempo della scienza, è il tempo della politica” è il messaggio lanciato. Chi lo raccoglierà? 


NOTA 

*Come abbiamo scritto già su Millevigne (LINK http://bit.ly/3YDewzw) è paradossale che tecniche di modificazione genetica molto più grossolane, che scombinano in modo casuale centinaia di geni con l‘uso di radiazioni ionizzanti o di mutageni chimici, siano legali, e abitualmente consumiamo vegetali prodotti con queste tecniche, mentre si pongano ostacoli alla ricerca verso tecniche in grado di intervenire in modo mirato sul singolo gene, tecniche che hanno molto più in comune con i meccanismi naturali dell’incrocio (perché con la cisgenesi si trasferiscono geni tra individui della stessa specie o di specie affine) e della mutazione (che è la riscrittura di una piccola porzione di genoma per ricongiungere una catena di DNA spezzata, come avviene col genome editing).