Da alcuni anni si parla sempre più spesso di NFT in diversi ambiti economici e sociali e il vino non fa eccezione, anzi il primo utilizzo al mondo della
tecnologia blockchain o “catena di blocchi” applicato al nostro settore è avvenuto proprio in Italia nel 2017 da parte dell’azienda Placido Volpone che
ha certificato la tracciatura di tutto il processo di produzione di alcuni suoi vini applicando questa tecnologia.
Per capire gli utilizzi attuali e, soprattutto, potenziali degli NFT nell’ambito del vino conviene capire bene cosa sono e come funzionano. Non è
necessario entrare nel dettaglio delle tecnologie, però è utile capirne i principi.
NFT è la sigla in inglese di Not Fungible Token, che tradotto letteralmente in italiano sarebbe “gettone non fungibile”, ma secondo me
rende meglio l’idea la traduzione di “gettone unico”. Infatti l’NFT è un “certificato digitale” (per il momento accontentiamoci di questa definizione
ampia) che indica contemporaneamente la proprietà e l’autenticità di un determinato bene o servizio, che può essere sia fisico che digitale.
Attenzione quindi: il certificato è digitale, ma si può riferire anche a beni fisici e anzi questo è quello che accade principalmente oggi per gli NFT
legati al vino.