Le instabilità del vino hanno da sempre messo a dura prova enologi e produttori. Fenomeni naturali che, per motivi più o meno noti, possono complicare
la commercializzazione di un prodotto a cui ci si è dedicati tutto l’anno, dalla gestione del vigneto e della maturazione delle uve, alle fasi di
fermentazione e stoccaggio, sino al confezionamento finale.
Le instabilità del vino hanno sempre richiamato molto interesse dal punto di vista sia scientifico sia applicativo.
Lo studio delle instabilità è infatti fondamentale per capire quale sia il miglior metodo per proteggere il vino ed evitare che si presentino
segnalazioni da parte di distributori e clienti che lamentano depositi in bottiglia o velature misteriose.
Il vino è una matrice molto complessa, formata da equilibri interagenti tra di loro: diversi composti possono creare instabilità, dando origine a
fenomeni che alterano principalmente l’apparenza del prodotto oltre che, in alcuni casi, alcune percezioni gusto-olfattive.
Negli anni studi e ricerche hanno analizzato come si formano e si originano le instabilità, a cosa sono dovute e a quali elementi naturali ricondurle.
Si parla di instabilità dovute ai sali come il bitartrato di potassio o alle quali ad esempio zuccheri, acidi organici o etanolo.
Tra le instabilità più note e temute l’instabilità tartarica è causata in primis dalla salificazione della prima funzione acida
dell’acido tartarico a dare il bitartrato di potassio (KHT), sale poco solubile nelle soluzioni idroalcoliche che, in funzione di temperatura e pH,
origina cristalli che si depositano sul fondo dei recipienti. Si parla invece di instabilità colloidale per i fenomeni indotti dalle
proteine prodotte dall’uva a seguito di stress biotici e abiotici; anche tale instabilità è influenzata da pH e temperatura e da altri fattori di
matrice quali forza ionica, tannini, polisaccaridi e solfati.
Analogamente a un crescente accumulo di proteine colloidali, si stanno osservando negli ultimi anni degli incrementi del catione calcio, indotti dai
cambiamenti climatici che portano la vite a un aumento della traspirazione, amplificando i sistemi di allerta della pianta verso gli stress biotici e
abiotici.