ECONOMIA L’attività enoturistica, valore aggiunto dell’azienda vitivinicola CHIARA DEMICHELIS e ENRICO MACHETTA Studio MA.DE https://madefirm.it L’enoturismo può essere una grande opportunità ma bisogna saperlo gestire al meglio Osservando quanti turisti, italiani e stranieri, in visita al Bel Paese, ritornano a casa con almeno una bottiglia di vino, si comprende l’intimo legame tra turismo e produzione vitivinicola: l’enoturismo rappresenta una grande opportunità per le aziende di settore. Il fenomeno dell’enoturismo nasce una ventina di anni fa, quando con l’iniziativa “Cantine Aperte” si iniziò a proporre, come attrazione turistica, la visita ai luoghi di produzione del vino sul territorio. Dopo diversi anni il fenomeno giunse all’attenzione del legislatore che da ultimo disciplinò il settore con una normativa del 2019 ( ), definendo linee guida e indirizzi per l’esercizio dell’attività enoturistica. D.M. n. 2779 del 12/03/2019 © Mattia Bodo DEFINIZIONE DI ATTIVITÀ ENOTURISTICA All’art. 1 il decreto in questione spiega quali siano le attività enoturistiche: visite guidate ai vigneti di pertinenza dell’azienda e alle cantine; visite ai luoghi di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, della storia e della pratica dell’attività vitivinicola ed enologica; iniziative di carattere didattico, culturale e ricreative svolte nell’ambito delle cantine e dei vigneti, come la vendemmia didattica o le attività di degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti. I REQUISITI DELL’ATTTIVITÀ ENOTURISTICA All’art. 2 la normativa disciplina i requisiti generali, anche di sicurezza e igienico sanitari, per l’esercizio di tali attività: l’apertura settimanale o anche stagionale di un minimo di tre giorni, all’interno dei quali possono essere compresi la domenica, i giorni prefestivi e festivi; l’utilizzo di strumenti di prenotazione delle visite, preferibilmente informatici; l’affissione di un cartello all’ingresso dell’azienda che riporti i dati relativi all’accoglienza enoturistica e almeno gli orari di apertura, la tipologia del servizio offerto e le lingue parlate; la predisposizione di un sito o pagina web aziendale e di materiale informativo sull’azienda e sui prodotti stampato in almeno tre lingue, compreso l’italiano; l’indicazione della presenza dei parcheggi in azienda o nelle vicinanze; la distribuzione di materiale informativo sulla zona di produzione, sulle produzioni tipiche e locali con particolare riferimento alle produzioni con denominazione di origine, sia in ambito vitivinicolo che agroalimentare, sulle attrazioni turistiche, artistiche, architettoniche e paesaggistiche del territorio in cui è svolta l’attività enoturistica; la realizzazione o predisposizione di ambienti dedicati e adeguatamente attrezzati per l’accoglienza e per la tipologia di attività in concreto svolte dall’operatore enoturistico; la presenza di personale addetto dotato di competenza e formazione anche sulla conoscenza delle caratteristiche del territorio, compreso tra il titolare dell’azienda o i familiari coadiuvanti, i dipendenti dell’azienda e i collaboratori esterni; lo svolgimento dell’attività di degustazione del vino all’interno delle cantine con calici in vetro o altro materiale, purché non siano alterate le proprietà organolettiche del prodotto. È demandato poi alle normative delle diverse Regioni il compito di disciplinare puntualmente e nel dettaglio l’esercizio di tale attività. GLI ASPETTI GIURICO-COMMERCIALI DELL’ATTIVITÀ ENOTURISTICA Come per l’agriturismo, anche l’enoturismo deve essere sempre attività accessoria e secondaria rispetto all’attività agricola produttiva principale. Quindi, dal punto di vista soggettivo, titolare dell’impresa che svolge servizi enoturistici sarà l’imprenditore agricolo, ma il valore economico di tale settore dell’attività dovrà essere inferiore rispetto a quello della produzione agricola. Dal punto di vista organizzativo e fiscale pertanto, per l’impresa agricola l’enoturismo viene regolato in modo del tutto speculare rispetto all’attività di agriturismo, essendone formalmente una declinazione affine. Tuttavia l’attività enoturistica merita un focus ulteriore rispetto al turismo rurale, proprio per le sue peculiarità che, se ben comprese, possono rappresentare una grande opportunità di sviluppo aziendale e permettere di meglio organizzare la relativa attività di marketing e di promozione. Il tutto mantenendo sempre l’attenzione al target dell’impresa vitivinicola, raggiungibile anche con l’esercizio dell’enoturismo: vendere il proprio vino. Il valore aggiunto dell’attività enoturistica è rappresentato dal prodotto vino che, rispetto ad altri prodotti del ricchissimo panorama agroalimentare italiano, ha una marcia in più: si evolve e muta con la società, divenendo così perfetto ambasciatore di un territorio, in un particolare momento storico. In passato il vino era considerato una bevanda povera e popolare, nulla più di un alimento che aiutava nel sostentamento. IL VALORE ESPERIENZIALE DELL’ENOTURISMO Oggi il vino è un fenomeno culturale, legato a tanti elementi immateriali: la sensorialità, il sapere, la storia, la tradizione e l’innovazione, la cultura, la socialità. Noi non beviamo un bicchiere di vino perché abbiamo sete: degustiamo un calice per evocare un’emozione, spesso la stessa che abbiamo provato al primo assaggio. E così la grande ricchezza dell’enoturismo consiste nel permettere al produttore di vino di legare al suo prodotto le belle e gioiose sensazioni che accompagnano la vacanza: il cliente-ospite-consumatore potrà evocare le emozioni che lo hanno accompagnato in vacanza, acquistando e degustando quella stessa bottiglia di vino. E questo è il motivo per cui il turista torna a casa con il vino acquistato in cantina. Ma vi è di più. L’enoturista visita un territorio a vocazione vitivinicola perché vuole imparare: il legame con la cultura è fondamentale per questo settore e non deve mai essere perso di vista dall’operatore che vuole approcciarsi a questo tipo di attività. Il turista vuole conoscere le tecniche vinicole, vedere con i propri occhi come si passa dal frutto di una pianta a un bicchiere di vino, conoscere la storia del territorio e dell’attività, ascoltare i racconti di aneddoti aziendali. E ancora ricerca la salute e il benessere che spesso vengono associati alla vita all’aria aperta immersi nella natura. Del resto il legame tra prodotto culturale e turismo non è certo una novità per il Bel Paese: la visita a una città d’arte, ai suoi musei e alle sue atmosfere viene da sempre ricercata perché, partendo da un prodotto culturale il turista può conoscere e imparare. L’impresa che si approccia all’enoturismo quindi deve considerare la propria bottiglia di vino come il quadro contenuto in un museo: l’occasione per il turista che degusta il prodotto di conoscere la storia e la cultura che ha generato quel bene. Quindi, per offrire i servizi richiesti dall’enoturista e rendere redditizia tale attività, l’impresa vitivinicola non deve considerarsi un’isola perduta in un mare di vigneti, ma deve operare in sinergia con altre realtà imprenditoriali e istituzionali del territorio. Questo perché non dobbiamo dimenticare che l’attività enoturistica si pone come accessoria a quella agricola e quindi l’azienda vitivinicola non può diventare una struttura turistica, ma deve operare all’interno di una rete sul territorio che fornisca tutti i servizi richiesti. In quest’ottica l’attività produttiva è il primo indispensabile tassello della struttura ottimale per l’enoturismo. A esso si devono aggiungere la ricettività, per fare in modo che il turista, pur nell’ambito di una vita rurale, possa comodamente soggiornare sul territorio e avere tutte le comodità che si attende dalla vacanza; sarà inoltre importante l’intermediazione e quindi la presentazione a tour operator e agenzie di viaggio dell’offerta enoturistica, organizzata in pacchetti esperienziali di facile collocazione sul mercato. E ultimo, ma non certo meno importante, è l’aspetto legato alla promozione dell’ambiente, del paesaggio e del territorio.